“Meno dibattito, più approfondimento”. Questo è l’intento che Floris (ospite di Lilly Gruber, all’esordio con il 5,74%) ha dichiarato ieri per il Dimartedì prossimo venturo (“e meno male che ho lasciato il tran tran di Ballarò, altrimenti non sarei stato spinto al cambiamento”). In buona sostanza, dovremmo aspettarci scambi polemici meno invadenti e storytelling (inchieste e servizi) più interessanti.

Anche Paolo Del Debbio, che forse passerà dallo schermo allo scranno di sindaco di Milano, ci sembra stia facendo il possibile per evitare il format Processo del Lunedì (quello vero, di Biscardi). Almeno a giudicare da ieri sera, con un Quinta Colonna nuova stagione (6,60%) che palesemente cercava di meticciare la sit-com ricorrendo allo stile Letterman, da cui il tormentone di lui che licenzia i sorridenti collaboratori, così come David usava la spalla del musicista, della truccatrice e via col backstage in diretta. In sostanza, la funzione di alleggerimento e l’effetto Mike Bongiorno (mostrarsi più bassi dello spettatore) in precedenza affidati al tocco da sagrestano ora sono assegnati a una teatralizzazione e al repertorio linguistico più complessi.

Il risultato, a prescindere dall’efficacia dei singoli pezzi (il “cinegiornale” non è male; l’angolo dei sindaci sembra un portarsi subliminalmente avanti col futuro ruolo) è ancora legnoso, perché la voglia di leggerezza cercata sul piano dell’espressione, è annichilita dalla grevità del contenuto, specie nell’uso delle piazze. Risultato inevitabile, del resto, se l’intendimento, come ci sembra di capire, è quello di fare “sfogare il popolo” (la Bestia) e, nella conseguente dialettica, valorizzare il conduttore (la Bella).

Comunque, a giudicare dalle intenzioni dichiarate da Floris e dalle escursioni stilistiche di Del Debbio, siamo ai tentativi di venir fuori dalla conclamata crisi del talk show iper-agonistici della seconda repubblica, quelli che erano costruiti pari pari sulla messa in posa del contrasto fra berlusconiani e non. Il rimedio parrebbe consistere nell’inchiesta sul campo e nella incorporazione di linguaggi propri della commedia leggera e dalla satira.

Non siamo sicuri che la cura sia bastevole, perché resta ancora da risolvere l’altro retaggio del passato: la smisurata lunghezza di questi programmi. Bene accetta dagli editori, perché risolvono intere serate a prezzo tutto sommato contenuto. Per non dire del fatto che qualunque editore tv, prima di intraprendere rivoluzioni (cioè diverse strutture di palinsesto) è normale che provi a dare una aggiustatina a quello che ha e che ha messo a contratto.

La prova del nove l’avremo mercoledì con l’arrivo di Paragone che del talk show Seconda Repubblica è il più genuino punto di arrivo, perfino nel titolo (La Gabbia, con ovvia allusione a quella dei matti). Lui è quello che, prima degli altri, ha giocato a fare l’adorabile canaglia. Era all’avanguardia; riuscirà a non farsi sorpassare dall’astuto Del Debbio?

Articolo Precedente

Migranti, i media e la diversa “televisività” di chi ha bisogno di aiuto

next
Articolo Successivo

Quali sono gli effetti della tv? “Rende stupidi”. “No, aumenta l’intelligenza”

next