Già domani, forse, sapremo l’epilogo della “strana guerra” a Palazzo Madama, dove la riforma del Senato ha fatto registrare il primato mondiale nel “lancio dell’emendamento”. Potremo anche sapere se l’originale disciplina, come indicano le prime stime, costerà davvero un milione di euro ai contribuenti italiani. Da giorni si segue con curiosità e sconcerto la sfida ingaggiata da Roberto Calderoli, già vicepresidente del Senato, al Senato stesso. “Farò affondare la riforma e tutto Palazzo Madama sotto il peso di 500mila emendamenti”. L’intento dichiarato da Calderoli, spregiudicato cultore delle burocrazie di palazzo, è sommergere la Commissione Affari Costituzionali, che riapre i lavori a settembre, sotto il peso di una montagna di carta. Tanta da costringere i senatori a dichiarare la resa sul campo.

Le ultime da palazzo prefigurano però un finale diverso, capace di spegnere l’atomica di Calderoli come cerini al vento. E quasi quasi sarebbe preferibile, visto il costo che la sua personale via all’ostruzionismo rischia di generare sugli incolpevoli contribuenti. Il grimaldello pensato dal leghista è un articolo del regolamento del 1971 che impone di stampare e distribuire una copia integrale degli emendamenti a ciascun senatore. Quindi, facendo i conti, 321 copie, laddove una copia consta ormai di 100 tomi da mille pagine ciascuno, per un peso di 2,5 tonnellate. Solo stamparle costerebbe 2.900 euro a fascicolo. I tomi da stampare diventerebbero allora 32.100, le pagine impiegate 32 milioni e 100 mila per un peso complessivo di 80.290 chili (insopportabili dai solai antichissimi di Palazzo Madama) e un costo stratosferico di 930.900 euro.

Proprio da qui è partita ieri la controffensiva dell’amministrazione del Senato che ha messo insieme una speciale task force di 150 addetti, alcuni richiamati dalle ferie per l’emergenza. Disinnescare la bomba di carta diventa per loro questione contabile, che esula dal merito, e dunque legittima l’azione di “sminamento”. A farsi due conti è stato il segretario generale Elisabetta Serafin che ha preso i dati sul budget annuale concesso per la stampa degli atti: 681 mila euro, già largamente corrosi dai 50 mila emendamenti presentati da Calderoli e dagli altri gruppi al testo dell’Italicum. L’operazione ostruzionistica ideata dal leghista assorbe tutto il budget e anche di più? La task force cercherà allora di offrire il massimo dell’informazione a tutti i senatori, utilizzando però il supporto informatico, mentre alla commissione presieduta dalla senatrice Anna Finocchiaro verranno riservate le uniche copie cartacee. Domani, come detto, si terrà la riunione decisiva.

Se passerà questa linea, le armi di Calderoli gli si ritorcerebbero contro. Pan per focaccia, insomma. Nelle scorse settimane, gongolando, l’ideatore del Porcellum aveva spiegato il miracolo della moltiplicazione degli emendamenti: “Ho incaricato un informatico che con un programma ad hoc ne sforna migliaia “a strascico”, basta cambiare una parola o una virgola e il gioco è fatto”. Operazione a costo zero, per chi la fa, quello di una chiavetta Usb o di un dvd, che il senatore esibisce da giorni a favor di telecamere. Ma piuttosto costosa, secondo i primi calcoli, per gli italiani.

La contraerei di Palazzo Madama, a ben vedere, si avverrebbe delle stesse armi. A Palazzo sono state allestite di gran carriera nuove e speciali postazioni di lavoro per chi ha ricevuto l’ingrato compito di catalogare e selezionare 513.449 emendamenti: due schermi collegati a un solo computer per trascinare “a pettine”, da un file all’altro, gli emendamenti di tutti i gruppi (circa 3 mila) nell’indice naturale costituito da 15 cd consegnati alla commissione da Calderoli con mezzo milione di proposte emendative. Alla fine tutto potrebbe tornare su una chiavetta o altro supporto da recapitare al posto di 80mila chili di carta.

Sventato il pericolo crollo, la discussione tornerà (forse) ad essere sul merito della riforma. E qui valgono ancora oggi le parole di ieri del sottosegretario Luciano Pizzetti al fattoquotidiano.it sull’eventualità di sfilare il testo alla commissione per evitare la “palude” e portarlo direttamente in aula. Così la montagna verrebbe aggirata lo stesso, semplificando anche la vita al governo.

Va detto che la scelta spetta ai parlamentari della maggioranza, l’esecutivo può solo tifare dal baldacchino. Renzi ha fatto sapere intanto che, pur non lavorando per perorare tale soluzione, non la esclude. Nell’incertezza, a questo punto, sarebbe forse preferibile non stampare. In alternativa, quantomeno, valutare la possibilità di imputare il costo dell’operazione allo stesso Calderoli, l’unico senatore al mondo che lavori per mesi a far crollare l’istituzione di cui è vicepresidente. E non sotto montagne di “ragione politica” ma di carta. Con la serenità che tanto a pagare saranno i contribuenti.

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