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Cocoricò, a che serve chiuderlo se a scuola non si fa nulla?

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Non sono mai stato al “Cocoricò” a Riccione ma entro tutti i giorni in classe e so quanta ignoranza vi sia tra i ragazzi sul tema stupefacenti. E’ da giorni che assisto al dibattito sulla chiusura della famosa discoteca. Per una volta non ho preso subito “carta e penna” per dire la mia da educatore. Mi sono seduto a vedere il consueto teatrino dei nostri politicanti. Tutti hanno detto la loro, non uno che si sia accorto che il problema è a monte, sta nella conoscenza, nell’informazione; è sui banchi di scuola dove chi fa il maestro o il professore dovrebbe spiegare ai ragazzi la differenza tra la cannabis e le sostanze di sintesi, le ‘smart drugs‘ commercializzate anche online, oppure dovrebbe raccontare ai suoi alunni gli effetti dell’eroina e della cocaina. Uno tra i tanti, Carlo Giovanardi: “Uomini di governo, parlamentari e opinionisti – ha spiegato il politico emiliano – devono smetterla di diffondere messaggi ai giovani che sballo, alcol e sostanze sono una specie di diritto mentre drogarsi costituisce comunque un illecito che comporta sanzioni amministrative, come il ritiro della patente”.

Forse Giovanardi come molti altri dovrebbe preoccuparsi di fare in modo che si torni ad investire nei progetti di prevenzione a scuola. In quest’ultimi anni con i tagli al fondo d’istituto sono venute meno queste attività.

Eppure non serve a nulla chiudere il “Cocoricò”. Il questore, il ministro Angelino Alfano, piuttosto, leggano con attenzione questi dati diffusi dallo studio dell’Istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa (Ifc-Cnr) e Espad Italia (European School Survey Project on Alcohol and Other Drugs): circa 54 mila studenti italiani delle scuole medie superiori, il 2,3% dei 15-19enni italiani, nel 2014 hanno assunto sostanze psicotrope senza sapere cosa fossero.

Il 56% circa di questi 54mila ha assunto senza sapere cosa fossero sostanze per non più di 2 volte, ma il 23% di essi ha ripetuto l’esperienza più di 10 volte. Il 53% di questi studenti ha utilizzato un miscuglio di erbe sconosciute, che si presentavano per il 47% in forma liquida e per il 43% sotto forma di pasticche o pillole. Sul fronte della cocaina, ne ha fatto uso almeno una volta nella vita il 4% degli studenti italiani, cioè circa 90mila 15-19enni.

Chiunque di noi capisce che l’unica urgenza, l’unico provvedimento serio e non di “facciata” può essere quello di entrare in ogni scuola, a partire dalle ultime classi della primaria, per parlare ai nostri ragazzi di dipendenza, di stupefacenti. Ad uccidere a 16 anni Lamberto non è stato quel pusher 19 enne ma tutti coloro che non hanno spiegato gli effetti dell’ecstasy, al giovane che è morto.

 

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