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Pornhub addio, in India il governo oscura 857 siti pornografici

L’esecutivo del presidente Modi aveva in precedenza chiesto alla Internet and Mobile Association of India, la società no profit che ha come compito quello di monitorare i servizi e i contenuti del web indiano, una lista di siti porno da bloccare

di Davide Turrini

“I siti porno vanno chiusi perché causano l’aumento delle violenze sessuali”. Il governo indiano ha ordinato il blocco di ben 857 siti web pornografici, scatenando una grossa protesta sui social network. L’ordine è stato inviato ai provider venerdì 31 luglio 2015 e i fornitori dei servizi hanno già iniziato il blocco di diverse pagine web popolari in tutto il mondo come la piattaforma più cliccata, Pornhub, e un sito più “settoriale”, come Brazzers. Anche se da diversi angoli dell’India, paese dove sostanzialmente la pornografia è proibita, c’è chi segnala come si possano ancora scaricare filmati da diversi siti che sono stati segnalati come “bloccati” dal governo di New Delhi. “Il dipartimento delle telecomunicazioni ha inviato l’ordine di blocco per 857 siti con un po’ di ritardo, ed era venerdì. Probabilmente è questo il motivo per cui solo pochi provider hanno bloccato i siti richiesti durante il fine settimana”, hanno spiegato fonti del governo indiano.

L’esecutivo del presidente Modi aveva in precedenza chiesto alla Internet and Mobile Association of India, la società no profit che ha come compito quello di monitorare i servizi e i contenuti del web indiano, una lista di siti porno da bloccare. Lo scoop era stato pubblicato nel mese di novembre 2014 proprio dall’Economic Times che ha nuovamente riportato la notizia dell’avvenuto blocco nell’edizione online di domenica scorsa. Alcuni importanti dirigenti delle società web indiane avevano in precedenza criticato la scelta ultimativa del governo attorno al tema di cosa fosse censurabile, e bloccabile, e cosa no: “Che tipo di nudità è accettabile come arte e quale non lo è?” – si sono chiesti gli executives internet indiani. Il ministro per l’informazione e la tecnologia, Ravi Shankar Prasad, ha più volte parlato di “problema del porno” nel suo paese, evidenziando che l’unica soluzione fosse l’oscuramento di molti siti online. L’intervento dell’esecutivo indiano arriva dopo che l’8 luglio 2015 la Corte Suprema ha discusso in udienza una petizione sul blocco di siti web presentato da un avvocato, dove sono state segnalate oltre 800 pagine online al cui interno si potevano rintracciare immagini pedopornografiche. Il presidente della Corte ha criticato la lentezza con cui il ministro dell’Informazione e della tecnologia sia intervenuto sul tema, intimandolo comunque a farlo nel più breve tempo possibile; tuttavia ha dichiarato che in assoluto l’organo giudiziario non può interferire in quello che gli adulti fanno tra le quattro mura di casa propria.

Vietare porno in India, come in tanti altri paesi, non è ovviamente semplicissimo visto che migliaia di siti web vengono ospitati all’estero per servire porno ai consumatori web indiani. Nel 2009 in India scoppiò un curioso caso di pornografia online che portò già allora ad una censura del sito web incriminato da parte del governo. Parliamo dell’improvviso boom di popolarità per una pornodiva indiana: Savita Bhabhi. Il suo sito era diventato un fenomeno di massa, anche se la donna esisteva solo in forma di fumetto. Savita era una sorta di prosperosa casalinga hindi che compiva avventure hard in mezza India, mietendo milioni di fan e registrato critiche di ogni tipo fino alla censura. Un film su questa eroina del porno è comunque uscito nel 2013 e anche un paio di titoli di Bollywood si sono ispirati al personaggio divenuto riconoscibile anche da chi non era assiduo frequentatore del web.

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