Mentre in Italia ci sdegniamo per l’oscenità di Mafia Capitale – ennesimo affondo alla reputazione del Paese, già percepito come uno tra i più corrotti in Europa (a pari merito con Romania, Grecia e Bulgaria), in Uk la polemica del giorno è ben più prosaica: si discute, e animatamente, di una proposta di aumento del 10% dello stipendio base dei parlamentari.

Parliamo qui dei soli membri della Camera dei Comuni, visto che i membri della Camera dei Lords non ricevono uno stipendio ma soltanto un gettone di presenza che varia dalle 150 alle 300 sterline al giorno.

L’aumento del 10% è stato proposto come parte di un pacchetto di riforme, che prevede anche una revisione di pensioni, rimborsi spese e buonuscita, dall’Ipsa, Independent Parliamentary Standards Authority, un ente indipendente istituito per garantire equità e trasparenza nella regolamentazione e gestione di stipendi e rimborsi dei parlamentari. Ipsa, dopo un attento esame e varie consultazioni pubbliche ha infatti stabilito che lo stipendio base dei parlamentari dovrebbe aumentare dalle attuali 67,060 sterline annue a 74,000 sterline.

Oltre allo stipendio, i parlamentari che ricoprono incarichi particolari ricevono compensi aggiuntivi che variano dalle 14,876 sterline per il Presidente di una Commissione Parlamentare alle 75,000 sterline aggiuntive per il Primo Ministro.

E c’è da dire che gli stipendi a Westminster non sono frugali come quelli dei parlamentari spagnoli ma sembrano comunque sotto la media internazionale .

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Inoltre tutti i parlamentari hanno diritto a un rimborso per vitto e alloggio e per spese d’ufficio. Tutti i dati storici relativi ai rimborsi sono pubblicati sul sito di Ipsa che rivela i dettagli di tutte le spese dei parlamentari mese per mese. Un’innovazione recente, nata dopo le polemiche su alcuni abusi scoperti nel 2009 e che ora garantisce trasparenza e permette lo scrutinio costante di giornalisti e cittadini.

Il nodo della questione? I parlamentari questo aumento di stipendio non lo vogliono assolutamente.

Il Primo Ministro si è appellato a Ipsa chiedendo che la proposta venga ritirata perché l’aumento di circa 7000 sterline sembra davvero “fuori luogo” visto sopratutto che gli stipendi dei dipendenti pubblici sono congelati da anni.

Esponenti di spicco dei partiti di opposizione come la Laburista Yvette Cooper e il Liberal Democratico Tim Farron hanno dichiarato di voler rifiutere l’aumento e molti altri parlamentari incluse Harriet Harman, leader dei Laburisti e Nicky Morgan, Ministro dell’Istruzione, affermano che l’aumento è ingiustificabile e se non potranno rifiutarlo daranno la somma in beneficienza. Non passa giorno che un parlamentare più o meno in vista non chieda un microfono per esprimere sdegno, in aula è tutto un susseguirsi di impegni formali al rifiuto e su twitter i parlamentari non esitano a definire quelle 7000 sterline di aumento “semplicemente immorali”.

No, i politici britannici non sono tutti probi martiri del servizio pubblico animati da grande spirito di sacrificio, ma sanno benissimo che se è vero che il loro salario è inferiore a quello di medici di famiglia (circa 90,000 sterline all’anno), presidi (circa 79,000 sterline) e giudici (circa 132,000 sterline) è anche vero che i costi della politica, in Uk come nel resto d’Europa, sono i più indigesti per i contribuenti.  Gli elettori, infatti, nonostante risarcimenti volontari, dimissioni eclatanti e impegno a una maggiore trasparenza, non hanno ancora perdonato ai parlamentari gli abusi venuti a galla nel 2009, che in realtà erano spesso frutto di poca chiarezza nelle linee guida più che di dolo.

Fin ora soltanto due parlamentari si sono espressi apertamente in favore dell’aumento. Ed è probabile che pochi altri correranno il rischio di venire criticati duramente da stampa ed elettori visto che già esistono gruppi che monitorano le dichiarazioni e le intenzioni in merito dei parlamentari.

Alcuni commentatori però fanno notare che per Parlamento e governo sarebbe moralmente e costituzionalmente sbagliato interferire nelle decisioni di un ente la cui indipendenza è fondamentale al buon esercizio delle sue funzioni. Gli economisti dell’Ipsa in fondo stanno solo facendo il loro lavoro: giustificano la proposta con comparazioni accurate agli stipendi medi per ruoli con un livello di responsabilità equiparabile a quello dei parlamentari e assicurano che vista la riforma delle pensioni e i nuovi limiti ai rimborsi, i costi della politica non aumenteranno di un solo penny.

E’ difficile prevedere come si risolverà la faccenda. E’ chiaro però che sarà Ipsa, in totale autonomia, ad avere l’ultima parola sull’attuazione in toto o meno del pacchetto di riforme proposte e, in effetti, basta guardare i numeri per constatare che davvero il costo dei parlamentari per i contribuenti non aumenterà.

Ciò che però rende quasi impossibile per i parlamentari accettare l’aumento senza protestare non è soltanto la memoria viva dello scandalo dei rimborsi, ma soprattutto il timore di danneggiare ulteriormente il filo sottile di fiducia che li lega agli elettori. Se è vero che l’economia britannica è in via di ripresa, è altrettanto vero che il reddito di molti in termini reali è rimasto fermo ai livelli pre-crisi e il programma di drastici tagli alla spesa pubblica continua.

Inconcepibile quindi continuare a chiedere sacrifici e pazienza agli elettori mentre si accetta di buon grado un aumento di stipendio: potrebbe essere il preludio a un suicidio reputazionale che la classe politica britannica non si sognerebbe mai di rischiare.

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