Prendevamo in giro le signore che, a partire dalla fine degli anni ’70 si facevano catturare dalle telenovelas. La “programmazione d’appendice” era una novità per l’Italia e qualcuno arricciava il naso per la elementarità basica di quelle storie fondate su cuori infranti, vendette in attesa, ritrovamenti inopinati. L’armamentario, insomma, che tradotto in format, si apprestava negli anni a venire a dare sostanza a Stranamore, Carramba e C’è Posta per te e che ce ne ha sempre tenuti lontani.

Perché a quelli come noi, che sanno di greco e di latino, e a cui hanno detto fin da piccini che si deve ragionare da classe dirigente, interessano in realtà non i racconti sulle relazioni affettive, ma le narrazioni del “potere pubblico”, le sue logiche, le sue emozioni. I nostri padri spirituali sono ovviamente Shakespeare e Machiavelli mentre quanto a madri siamo scarsi perché il potere pubblico, per parecchio tempo, è stata questione riservata agli uomini, sia nell’esercizio che nella teorizzazione.

Ovviamente come noi ce ne sono diversi, anche se non un oceano, in particolare fra “dirigenti” veri e supposti e fra chi vive di comunicazione; sia che col potere abbiano un rapporto di fornicazione fine a se stesso sia che lo considerino lo strumento che da senso alla vita propria costruendolo per quelle altrui. Insomma, anche noi siamo dentro un target: quello dei consumatori delle avventure del potere. E così la macchina narrativa che dagli Usa guarda al mondo pensa anche a quelli come noi in ogni parte del mondo. Perché se dentro ogni singolo Paese siamo pochi (quante persone sane di mente possono davvero perdere tempo sulle esplorazione narrativa del potere?) sommati a livello globale siamo un bel po’ e, dall’Italia o in Australia “facciamo mercato”.

Il quale mercato deve però avere una infima opinione di noi se, dopo House of Cards (Potere in versione realistica) e Il Trono di Spade (Potere in versione fantasy), è arrivato a rifilarci Tyrant. “Tyrant” vuol dire tiranno ed è ambientato in una delle tante situazioni di dominio di un clan sugli altri che nel Medio Oriente, dal Libano fino al confine con l’Iran, per lungo tempo abbiamo chiamato “Stati”.

In realtà brandelli di ex imperi accozzati alla bell’è meglio in uno dei quali, non meglio identificato, si svolge la storia di due fratelli mediorientali, figli del Padrino/Presidente, uno mezzo pazzo e l’altro mezzo americano, che disputano sulla maniera migliore di salvarsi la pelle: se brutalizzando gli assoggettati o assicurandogli l’habeas corpus. “Troppo elementare Watson”, direbbe Sherlock Holmes.

Ah, dimenticavamo! Ogni tanto ci viene offerta una scena di sesso esplicito, tanto per impreziosire l’offerta. Come se gli sceneggiatori fossero persuasi che, contrariamente al detto popolare, tra “comandare” e “fottere” il primo sia pari all’altro, e non migliore. Siano, anzi quasi sinonimi.

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