Più che di sigilli, in città si parla della fine di un’epoca. Quella dell’Aula C della Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Bologna, occupata per vent’anni dall’omonimo collettivo di ispirazione anarchica, e sottoposta a sequestro dalla Digos della Questura del capoluogo dell’Emilia Romagna. A chiudere i locali di Strada Maggiore 45, infatti, è stato il provvedimento disposto l’8 aprile scorso dal Tribunale del Riesame di Bologna che, dopo un primo “no” del gip Gianluca Petragnani Gelosi, aveva accolto il ricorso della Procura della Repubblica e ordinato il sequestro preventivo dell’aula, eseguito l’11 maggio “perché le esecuzioni di provvedimenti di sequestro delicati hanno i loro tempi tecnici”, spiega il procuratore aggiunto Valter Giovannini.

Secondo i magistrati, infatti, i locali erano divenuti base logistica per feste e attività rumorose anche notturne, “incompatibili con le finalità istituzionali della Scuola”. Ed è questa la ragione per cui, tra le locandine degli eventi organizzati dal collettivo e il divieto d’ingresso per “nazi, cops, e chi riprende le vite degli altri”, affisso al portone dell’Aula C a partire dall’11 maggio c’è anche il sigillo che recita: “Locale sottoposto a sequestro dell’autorità giudiziaria”. L’ha appeso la polizia, che all’alba si è recata in Strada Maggiore 45 per sequestrare i locali. All’interno non c’era nessuno, solo le scritte contro stampa, le forze dell’ordine, e il proclama elettorale per Gaetano Bresci, l’anarchico che nel 1901 uccise il re Umberto I a Monza. Quindi non sono scattate nuove denunce a carico degli ex occupanti. Ma nel fascicolo della Procura sulla ‘storica’ sede del collettivo (pm Antonello Gustapane e Antonella Scandellari) ci sono già 11 indagati per invasione di edifici.

Un provvedimento che l’Università di Bologna preferisce non commentare, “le decisioni della magistratura si eseguono e tutti le devono rispettare”, anche se, spiega il prorettore per gli studenti Roberto Nicoletti “non so se fosse la soluzione per tutti i problemi. Noi possiamo solo guardarla”.

Non si è fatta attendere, invece, la risposta al sequestro degli ex occupanti dell’Aula C, che sigillato l’ingresso della sede del collettivo, lo stesso 11 maggio hanno invitato “tutti i solidali, attraversatori dello spazio e amanti della libertà nel cortile della facoltà di Scienze Politiche per sperimentare altre forme di socialità, ballando fieri sopra le ceneri di quattro mura consapevoli che la nostra tensione alla vita è insigillabile”. “Ci sequestrate un’aula, ma noi saremo ovunque – recita il comunicato dell’Aula C – questa mattina, dopo una tartassante campagna mediatica, i tanto agognati sigilli si sono palesati, e la porta dell’aula, spazio autogestito da più di vent’anni, è stata chiusa. Non possiamo che ribadire che l’autogestione non è reprimibile o sigillabile all’interno di quattro mura”.

L’occupazione dell’Aula C, infatti, risale al 1989, gli anni della caduta del Muro di Berlino e del sesto governo Andreotti, dell’attentato dell’Addaura contro Giovanni Falcone e delle occupazioni studentesche nella Bologna dell’Università più antica del mondo. E tra l’Arena del Sole e via del Pratello, anche Strada Maggiore 45 finì autogestita. “Nacque come un’aula studio, e poi si trasformò in un luogo di iniziativa culturale e politica nettamente schierato ma aperto a tutti – ricorda il sindaco Pd di Budrio Giulio Pierini che nel 1998 faceva parte della Sinistra giovanile che occupava invece l’Aula B, proprio accanto alla C – era un periodo di grande fermento culturale, quello, per Bologna, e la presenza dei collettivi fu un bel cambiamento. In Aula C si parlava di temi globali, si proiettavano docufilm tematici, si discuteva, e negli anni è stato un luogo importante di socialità e confronto anche politico all’interno dell’Università”.

Nulla a che vedere, insomma, precisa Pierini, con i disagi dei residenti che per anni si sono lamentati delle feste che la notte andavano in scena in Aula C, o con le vicende di cronaca che secondo le forze dell’ordine avrebbero visto protagonisti alcuni militanti dello spazio autogestito, tra cui l’aggressione al giornalista del Resto del Carlino Enrico Barbetti. “La convivenza con l’Università negli anni 90’ era pacifica, non c’erano gli anarchici, i militanti erano più legati al Social Forum, e la mia generazione la ricorda come un’esperienza positiva. Come siano cambiate le cose non lo so, forse è a causa della presenza di non studenti all’interno dell’Aula. Sicuramente l’evoluzione di questi anni non ha senso per una sala universitaria”. Chi occupasse recentemente l’Aula C di preciso non lo sa nemmeno l’Università, a cui le sale di Strada Maggiore 45 appartengono. “Io penso che fossero studenti di Scienze Politiche, ma non andavamo la mattina a identificarli – spiega Nicoletti – vedremo l’esito delle indagini della Procura”.

Quanto al sequestro, Pierini non ha dubbi: “Credo si debba liberare subito la sala e rivitalizzare lo spazio. E’ doveroso dargli una nuova identità, e credo che possa essere una bella sfida. L’Ateneo bolognese, del resto, ha sempre avuto questa identità e sarebbe un peccato perderla”. “Bologna – concorda anche Giacomo, studente di Economia politica in Strada Maggiore 45 – non ha molti spazi di socialità per studenti e non credo sia giusto chiudere l’aula definitivamente”.

A favore del sequestro dell’Aula C, poi, c’è la presidente del quartiere Santo Stefano Ilaria Giorgietti, “sono molto soddisfatta, è una bella notizia e una vittoria. Giustizia è fatta”. Ma anche tra chi varca i portoni della facoltà ogni giorno c’è chi esulta per il provvedimento. “Soprattutto perché – spiega Andrea, 23 anni, di Economia politica – un conto sarebbe parlare di un’aula occupata ma aperta a tutti, come avviene in altre città. Ma non è questo il caso. Qui entrano solo alcuni, gli anarchici. La cosa che fa ridere, poi, è che si definiscono anarchici però pretendono che l’Università fornisca loro una sede. Perché non il negozio qui di fronte, allora?”.

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