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Campania patria degli scandali. È così che i partiti selezionano la classe dirigente?

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Ci sono giorni nei quali si è travolti dal disgusto e dalla indignazione. In Campania questa è purtroppo una condizione costante se si seguono gli avvenimenti legati al personale politico in carica in ruoli apicali.

Vorrei sorvolare sui politici già detenuti come Cosentino, trasferito in fretta e furia da un carcere all’altro perché “sorpresi” in cella provvisti di iPod (solo questo?), e sui processi in corso come quello che riguarda Papa per uso privato di auto blu (ripeto, solo questo?). Mi interessa ricapitolare, per evidenti motivi di sofferenza ideale e culturale, lo psicodramma che il Pd sta attraversando dopo la vittoria legittima che De Luca ha riportato alle primarie. La definizione di psicodramma non appaia esagerata se ancora nessuno ha veramente capito se l’ex sindaco di Salerno sarà il candidato del centro sinistra alle prossime elezioni regionali.

Nel frattempo la sinistra ha designato alla carica di governatore un altro politico di lungo corso, l’ex sindaco di Castellamare di Stabia Salvatore Vozza di Sel.

Adesso che è scoppiato il bubbone purulento delle tangenti rosse nell’isola di Ischia, con un sindaco già di Forza Italia poi diventato Pd (forse nell’isola funziona così: al trasferimento di residenza corrisponde anche quello di schieramento politico) la questione della selezione dei candidati DOVREBBE diventare una priorità irrinunciabile per i partiti.

Mi permetto di offrire qualche piccolo suggerimento ai selezionatori:
anagrafe patrimoniale del candidato (funziona così nei paesi civili)
curriculum da verificare con accuratezza: condanne ed amenità simili dovrebbero rappresentare controindicazioni assolute
biografia specchiata

Un altro utile spunto per la approvazione di una candidatura da parte di un partito che voglia veramente ridare dignità alla politica e non esercitare solo il potere come invece appare dai risvolti della cronaca giudiziaria dovrebbe riguardare le risorse economiche che si intendono impiegare, definendone in anticipo ed in dettaglio la provenienza, per la campagna elettorale.

Se tutto questo rappresenta una condizione necessaria per accogliere un candidato la stesura scritta di un accordo da rendere pubblico tra il partito e l’aspirante politico dovrebbero suggellare questo impegno. Solo così, forse, cialtroni ed affaristi troverebbero la via sbarrata per accedere all’impegno più delicato della vita democratica: la rappresentanza politica.

Solo così, forse, il nostro Paese ritornerà a credere che la corruzione non dovrà averla sempre vinta. Ma forse sono un illuso.

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