Non è possibile descrivere in maniera esaustiva Alex Zanotelli solo attraverso le sue pubblicazioni. Eppure i suoi libri hanno segnato molti lettori e reso possibile far conoscere la testimonianza di quest’uomo che è un vero profeta dei nostri tempi. Libri come Korogocho, che è il nome della baraccopoli di Nairobi dove padre Alex ha vissuto con gli ultimi della Terra; un luogo dove manca l’energia elettrica, l’acqua, il gas e i servizi igienici: “Ecco dimentichiamoci la parola bagno parliamo di ‘cesso’ ed anche la parola ‘cesso’ è onorifica tanto è il degrado che abbiamo a Korogocho. Qui abbiamo un ‘cesso’ ogni 40 famiglie”.

Padre Alex nella sua baracca, posta al di sotto della linea della fogna, ha vissuto 12 anni diventando ultimo tra gli ultimi; lì ha fatto quel salto che solo in pochi hanno il coraggio di realizzare e cioè di non stare dalla parte degli ultimi ma di essere ultimo. A Korogocho ha compreso l’assurdità, l’ingiustizia del sistema che ci governa che garantisce benessere a pochi e quasi nulla alla restante popolazione mondiale.

Alex fu mandato in Africa perché da direttore di Nigrizia (la rivista dei comboniani) con le sue inchieste e i suoi editoriali faceva tremare la politica del tempo. Memorabile fu Il volto italiano della fame africana, del gennaio 1985 in cui si domandava se i 1900 miliardi per la lotta alla fame non fossero una scusa usata dai partiti per arricchirsi. L’articolo creò un putiferio e il Vaticano, invece di sostenere un missionario che anticipava tangentopoli, ne chiese la sua testa.

Dopo gli anni trascorsi a Korogocho è tornato in Italia, a Napoli, nel quartiere Sanità. Proprio a Napoli ho avuto il dono di conoscerlo e iniziare con lui a percorrere una strada che ha segnato la mia vita. Alex è la persona che più ha canalizzato in maniera costruttiva quella rabbia, quel biasimo verso una società in cui l’ingiustizia si è strutturata nelle istituzioni che dovrebbero essere dalla parte dei cittadini. Senza di lui non avrei avuto la forza di intraprendere il mio piccolo lavoro editoriale e di scrittura.

Ricordo ancora la prima volta quando andai ad un incontro tenuto alla Sanità, era domenica mentre tutta la città si faceva stordire dal troppo cibo e imbalsamare dal calcio, una piccola ed eterogenia comunità di resistenza si organizzava per liberare la città da un potere politico che ha venduto il futuro alla criminalità e alle multinazionali. Una realtà simile alle prime comunità cristiane che si opponevano a quel sistema ingiusto che Gesù aveva sfidato e per questo condannato con l’accusa di sobillatore politico.

Come Korogocho anche la Sanità è in basso. Per accedere al quartiere bisogna scendere e questa discesa è un percorso che ricorda che è solo dal basso che può partire una forte richiesta di giustizia, perché chi è in alto non ha alcun interesse al cambiamento.

Dalla Sanità l’impegno di Alex è stato fondamentale per scuotere le coscienze e contribuire a portare nel giugno del 2011, 27 milioni di italiani a dire sì alla ripubblicizzazione dell’acqua. Un referendum ad oggi ancora tradito e che la dice lunga su come la volontà dei partiti sovente corrisponda agli interessi delle multinazionali e non a quelle dei cittadini. Nel libro Giù le mani dall’acqua descrive come l’acqua sia il vero business del futuro.

Sento di consigliare dal primo all’ultimo i suoi libri (da non perdere I poveri non ci lasceranno dormire), compreso Il Gran Sogno di Dio, un libro pubblicato con la nostra Dissensi Edizioni. Quanto lontana è la sua visione dall’attuale mercificazione dei rapporti, dove il prossimo oramai lo si quantifica come un potenziale bancomat. Una mercificazione che trionfa in editoria dove si predilige la vendibilità di un testo piuttosto che un messaggio di consapevolezza e speranza.

Come scritto nell’ incipit, non si può avere la pretesa di conoscere Alex solo leggendo i suoi libri. Da essi non trapela quella forza positiva che trasmette il tono della sua voce, la luce dei suoi occhi, la semplicità dei suoi gesti, quella bontà nell’accogliere tutti e capacità di leggere i cuori delle persone.

Ciò che di più mi ha donato Alex è la forza di liberare la propria vita, donarla e non renderla prigioniera del potere. Inoltre, capire che non basta curare le ferite, ma fermare la mano di chi colpisce: l’attuale sistema dominante con la sua distruzione dell’ambiente e le ineguaglianze che produce ci ha condotto a un bivio, solo insieme possiamo scegliere la strada giusta.

Articolo Precedente

‘Temporary Life’ di Francesca Cao a Roma per ‘Obbiettivo Donna’

next
Articolo Successivo

Biennale democrazia: a Torino per parlare di diritti, innovazione tecnologica. E di musica

next