Sei mesi in più per l’attuazione

La legge 23 del marzo 2014 conferisce al governo una delega per la realizzazione di un “sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita”, che riprende i contenuti del disegno di legge d’iniziativa del governo della scorsa legislatura (approvato dalla Camera nell’ottobre 2012, ma che non aveva concluso il proprio iter al Senato), delega da attuare entro il 26 marzo 2015. Nelle more dell’emanazione dei numerosi decreti legislativi di attuazione, il governo ha ritenuto di chiedere una proroga di sei mesi che, secondo un (disdicevole) comportamento tipico italiano, è stata inserita in un emendamento all’articolo 1 del disegno di legge di conversione del decreto sull’Imu agricola.

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Cosa è stato fatto?

La delega investe molti aspetti rilevanti dell’ordinamento tributario, ma che cosa è stato fatto finora? Sono stati approvati tre decreti legislativi. Si è invece arenato lo schema di decreto, uscito dal Consiglio dei ministri il 24 dicembre 2014, che riguarda la disciplina dell’abuso del diritto ed elusione fiscale, per le note polemiche alimentate dalla presenza della norma sulla non punibilità per imposte evase non superiori al 3 per cento del reddito dichiarato.

Il primo decreto legislativo, n. 175/2014, ha principalmente introdotto norme di semplificazione fiscale per persone fisiche e società e rivisto la disciplina dei rimborsi Iva e degli adempimenti per le operazioni con i paesi esteri. Alcuni esempi: per i lavoratori dipendenti, è stata introdotta, in via sperimentale dal 2015, la dichiarazione dei redditi precompilata dall’Agenzia delle entrate; è stato abolito l’obbligo della dichiarazione di successione, se l’eredità è devoluta al coniuge e ai parenti in linea retta, ha un valore non superiore a 100mila euro e non comprende beni immobili (il limite precedente era ancora in lire: 50 milioni). Per le società, sono state unificate le modalità di comunicazione dell’esercizio dell’opzione per i diversi regimi di tassazione; è stata innalzata da 5.165 a 15mila euro la soglia dei rimborsi Iva eseguibili senza alcun adempimento; le comunicazioni delle operazioni Iva con i paesi black list dovranno essere inviate solo annualmente e solo per valori superiori a 10mila euro.

Il secondo decreto, n. 188/2014, ha modificato la tassazione dei tabacchi lavorati e dei loro succedanei e abrogato l’imposta di fabbricazione sui fiammiferi; per le sigarette è stato introdotto un onere fiscale minimo, comprensivo di Iva e di accisa, pari a 170 euro il chilo.

Il terzo decreto, n. 198/2014, ha ridisegnato la disciplina delle commissioni censuarie, con l’attribuzione di nuove funzioni, in relazione alla revisione del sistema estimativo del catasto fabbricati; una nuova articolazione territoriale (non più corrispondente all’ambito provinciale); l’azzeramento dei compensi, tranne il rimborso delle spese di viaggio e di soggiorno.

La legge di stabilità

Altre norme, più significative, sono state invece introdotte nella legge di stabilità 2015.

I commi 26-34 e 54-89 fanno riferimento alla delega in tema di tassazione dei redditi d’impresa e di lavoro autonomo. Innanzitutto, la legge di stabilità prevede, in via sperimentale, per il periodo dal 1° marzo 2015 al 30 giugno 2018, che i lavoratori dipendenti del settore privato (esclusi i lavoratori domestici e quelli del settore agricolo), con almeno sei mesi di anzianità di servizio, possano richiedere di percepire la quota di trattamento di fine rapporto maturata mensilmente unitamente alla retribuzione in busta paga (anche se stanno già versando il Tfr in un fondo di previdenza complementare); l’opzione non può essere modificata fino al 30 giugno 2018. Il problema è che la quota di Tfr ricevuta mensilmente è del tutto equiparata a un aumento della retribuzione lorda, vale a dire assoggettata a tassazione ordinaria e quindi con conseguenze anche per la percezione degli assegni familiari e per la certificazione Isee.

In secondo luogo, è stato introdotto un nuovo regime per i contribuenti minimi, che sostituisce i precedenti regimi di favore: il reddito è assoggettato a un’unica imposta sostituiva del 15 per cento, calcolata non su un reddito determinato analiticamente ma applicando ai ricavi un coefficiente di redditività (variabile in funzione dell’attività svolta); il volume d’affari per accedere al regime semplificato è diverso per le diverse attività (da 15mila euro per le attività professionali a 40mila euro per il commercio); l’accesso è consentito anche a coloro che sostengono spese per il personale, per un massimo di 5mila euro; può accedere al regime agevolato anche chi percepisce redditi di natura mista, purché i redditi d’impresa o di lavoro autonomo siano prevalenti rispetto ai redditi di lavoro dipendente; per coloro che iniziano una nuova attività, per i primi tre anni il reddito imponibile è ridotto di un terzo; per artigiani e commercianti, è introdotta la possibilità di versare i contributi previdenziali sulla base del reddito effettivamente dichiarato, con l’abolizione del minimo di contribuzione. Sembra di capire che il nuovo regime non abbia più il carattere di temporaneità (limite dei cinque anni o del trentacinquesimo anno di età) e diventi quindi un regime strutturale, potenzialmente aperto a tutti i lavoratori autonomi con un fatturato inferiore alle soglie previste.

I commi 634-641 perseguono l’obiettivo di migliorare i rapporti tra fisco e contribuenti (articolo 6 della delega) e, allo scopo di rafforzare la tax-compliance, stabiliscono innanzitutto che l’Agenzia delle entrate metta a disposizione di ciascun contribuente le informazioni in suo possesso ad esso riferibili.

Ma la norma di rilievo concerne la revisione sostanziale dell’istituto del ravvedimento operoso: si potrà accedere all’istituto senza limiti di tempo; per i tributi amministrati dall’Agenzia delle entrate, potrà essere utilizzato anche nel caso in cui la violazione sia già stata constatata; la riduzione delle sanzioni sarà tanto più vantaggiosa, quanto più il ravvedimento sarà vicino al momento in cui sorge l’adempimento tributario.

Al di là delle perplessità espresse da alcuni tributaristi, è opportuno qui richiamare il parere della Corte dei conti, secondo la quale viene meno la spontaneità del ravvedimento e la condizione ostativa al suo esercizio (la conoscenza, da parte del contribuente, dell’esistenza di un’attività di controllo nei suoi confronti) e diminuisce l’incentivo al ravvedimento, con il rischio di premiare l’attendismo dei contribuenti meno corretti.

I commi 629-633 si ricollegano all’articolo 9 della delega, volto all’introduzione di norme per il rafforzamento dei controlli fiscali, con l’estensione dell’ambito di applicazione del reverse charge Iva e l’introduzione dello split payment (i fornitori di beni e servizi alla pubblica amministrazione riceveranno il corrispettivo al netto dell’Iva che verrà versata all’erario direttamente dai soggetti pubblici cessionari).

I commi 634-650 fanno infine riferimento all’articolo 14 della delega, per il riordino delle disposizioni in materia di giochi pubblici, e prevedono la riduzione dei compensi spettanti ai concessionari, la revisione delle modalità di affidamento della concessione per la gestione del gioco del lotto, un piano straordinario di contrasto del gioco illegale e l’inasprimento delle sanzioni, la possibilità di regolare la propria posizione per i soggetti che operano senza essere collegati al totalizzatore nazionale.

Il futuro

Qualcosa è stato dunque fatto, ma non c’è dubbio che i temi più importanti siano ancora da affrontare: revisione delle tax-expenditures, riforma del catasto, stima e lotta dell’evasione fiscale, contenzioso tributario, revisione della tassazione dei redditi d’impresa, dell’Iva e delle altre imposte indirette, fiscalità ambientale e altro ancora. La semplice lista preoccupa, anche alla luce del destino delle precedenti deleghe fiscali, spesso finite nel nulla. E al di là del merito delle singole misure approvate, va sottolineato un problema di metodo, ovvero l’intreccio tra delega e legge di stabilità, che ripropone il vizio tutto italiano di procedere a spizzichi e bocconi, piuttosto che in modo organico e ordinato. Il che rende più difficile capire fino in fondo la ratio di alcune norme e la loro effettiva rispondenza ai principi dettati dalla delega.

* Professore associato di Scienza delle finanze, insegna Scienza delle finanze e Sistemi fiscali comparati presso l’Università Cattolica, dove è coordinatrice del Master in Economia Pubblica, all’interno del quale tiene il corso di Economia Pubblica. Ha collaborato e collabora con istituzioni e centri di ricerca nazionali ed internazionali. Collabora da anni alla redazione di Osservatorio Monetario, iniziativa dell’Associazione per lo Sviluppo e gli Studi di Banca e Borsa. I più recenti ambiti di ricerca riguardano la concorrenza fiscale, la finanza regionale e locale, i problemi dello sviluppo sostenibile e della private-public partnership. 

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