crocifissoIl problema stavolta è l’acqua santa. Quella delle benedizioni. Sì, perché a Bologna, da un mese circa all’istituto comprensivo 20 non si discute d’altro. Tre sacerdoti delle parrocchie vicine alle scuole elementari “Fortuzzi” e “Carducci” e alle medie “Rolandino” hanno chiesto di poter fare il loro mestiere: la benedizione pasquale. Un rito che si ripete ogni anno e che solitamente viene fatto nelle abitazioni per recar alle famiglie l’annunzio della pace di Cristo, che raccomandò ai suoi discepoli «In qualunque casa entriate, prima dite Pace a questa casa» (Lc 10, 5). Un annuncio che alcuni membri del consiglio d’istituto hanno rifiutato nonostante i preti lo volessero fare fuori dalle lezioni.

Un “no” che non è bastato a lasciar fuori i preti dalla scuola dal momento che la proposta è stata approvata comunque a maggioranza nonostante le perplessità di alcuni docenti. E ora Cgil, Comitato scuola e Costituzione e Uaar hanno presentato ricorso al Tar. La benedizione finirà sui banchi del tribunale.

Una vicenda che ha del ridicolo. Se da una parte è vero infatti che l’acqua santa non avrebbe certo fatto male a nessuno e che la partecipazione era facoltativa è altrettanto banale pensare che in una scuola laica non ci debbano essere riti di alcun genere. Mettiamo che domattina, non siano solo i preti a bussare alla porta della scuola ma anche l’imam o il rabbino: che cosa avrebbe risposto il consiglio d’istituto bolognese? Avrebbe aperto le porte all’imam come ai sacerdoti delle parrocchie? Giova ricordare ai sacerdoti e alla Curia felsinea l’articolo sette della Costituzione: “Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuna nel proprio ordine, indipendenti e sovrani”.

La normativa in vigore non consente che nelle scuole pubbliche statali vengano effettuate visite pastorali, preghiere, messe e benedizioni. La programmazione di atti di culto è consentita, infatti, solo al di fuori dell’orario delle lezioni. La Corte Costituzionale, inoltre, con la sentenza n.203/1989, dopo aver affermato che i principi supremi dell’ordinamento costituzionale hanno una valenza superiore rispetto alle altre norme o leggi, ha stabilito che la laicità̀ dello Stato è un principio supremo che definisce la forma di Stato e che vanno sempre salvaguardati i principi di libertà religiosa, in un regime di pluralismo confessionale e culturale.

Resta la questione aperta del “fuori orari delle lezioni”. Ma com’è possibile pensare che un luogo quale la scuola possa comunque diventare uno spazio dove esercitare un rito religioso? Dal momento in cui non si tratta di uno spazio privato ma pubblico, non possiamo che fare in modo di rendere sacro il suo essere pubblico ovvero di tutti, atei, musulmani, ebrei, induisti, buddisti, cattolici.

Non credo d’altro canto che fosse indispensabile portare quell’annuncio a scuola. Forse sarebbe comunque rimasto inascoltato.

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