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Quartiere a luci rosse a Roma, senza cifre e dati precisi non c’è ‘politica sociale’ che tenga

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Alla fine il partito (trasversale) della morale ha vinto: no a Roma a luci rosse, no al degrado nel degrado (dicono. Sul tema, Marino si chiude nuovamente nel silenzio – e fa bene: se pensiamo all’uscita sulle multe ai clienti con causale “beccato con prostitute” è preferibile il silenzio).

Andrea Santoro, presidente del Municipio XI si piega al diktat del Partito Democratico, la Chiesa esulta mentre per la renziana Bonaccorsi: “Ora si torna a parlare del problema prostituzione in modo serio”. Come se fino ad oggi si fosse scherzato; cosa vorrà mai dire il criptico: “Ripartiamo dalle politiche sociali” della deputata? Perché regolamentare non è a tutti gli effetti una “politica sociale”? La zonizzazione era una buona iniziativa di partenza per poi giungere ad una eventuale modifica dell’attuale normativa, come accaduto in Olanda, dove le autorità hanno deciso di fare il “passo” e legalizzare la prostituzione solo nel 2000, dopo che per circa 200 anni il mestiere era stato esercitato in contrasto con la normativa nazionale e grazie alla tolleranza delle amministrazioni locali.

(Almeno) due secoli di esperimento e con la lunga esperienza maturata è poi arrivata la legalizzazione. Che in molti, come è normale accada in una democrazia, criticano, partendo però da un quadro chiaro e da informazioni affidabili. Lorenza Bonaccorsi a cosa si riferisce quando dice “ripartire dal sociale”? Da cosa si vuole partire senza dati e cifre attendibili? L’Olanda, 14 anni dopo l’apertura delle prime partite iva per le lavoratrici del sesso, può tirare conclusioni e riflettere sui punti di maggior criticità della normativa. Tra questi, tre sono importanti insegnamenti anche per coloro che in italia si muovono con le migliori intenzioni (Monica Cirinnà ed il suo disegno di legge)

1) La prostituzione non è e non sarai mai un lavoro “normale”. In Olanda sanno bene che una registrazione presso la kamer van koophandel (la camera di commercio) non è l’antidoto contro lo sfruttamento e che il 70% delle ragazze subisce una qualche forma di coercizione, pur operando in un regime di piena legalizzazione. Possiamo interrogarci per settimane sulla domanda filosofica del “perché” una donna scelga il mestiere; lo sfruttamento è una risposta parziale tanto quanto lo è il teorema della “donna emancipata”che gestisce in autonomia il proprio corpo. Una risposta compiuta non esiste e infondo non spetta alle autorità trovarla.

2) La libera circolazione europea ha contribuito al “pendolarismo europeo” del sesso, tanto per I clienti quanto per le prostitute. Questa alta mobilità rende molto difficili gli interventi sociali.

3) I quartieri a luci rosse sono preferibili ad oscuri bordelli dove le attività lontane da sguardi indiscreti rendono difficile monitorare sfruttamento e tratta di esseri umani. Ad Amsterdam, in tanti chiedono che la politica di smantellamento delle vetrine si fermi: meglio uno spettacolo decadente, ma sicuro, dei tanti problemi che le case chiuse legali hanno sollevato (tra tutti quello dei loverboy e dello sfruttamento, che nel caso olandese ha prevalentemente radici psicologiche e non tanto di coercizione fisica). Ma la lezione che arriva dall’esperienza olandese è che regolamentare è sempre la soluzione migliore. Roma che a differenza di Amsterdam si trova in un vero e proprio stato di “emergenza a luci rosse” ha sprecato l’opportunità di iniziare a costruire qualcosa, partendo dalle fondamenta.

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