Papa Francesco ha pregato nella Moschea Blu di Istanbul. Bergoglio è stato il terzo Pontefice, dopo San Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, a varcare il luogo dove si riuniscono i fedeli islamici per la preghiera. Francesco, prima di entrare nella Moschea Blu di Istanbul, nel secondo giorno del suo viaggio in Turchia, si è tolto le scarpe come previsto dal cerimoniale camminando con i soli calzini neri ai piedi. Bergoglio, che è stato accolto dal Gran Muftì e da un imam, proprio come fece Ratzinger nel 2006, si è soffermato per oltre 3 minuti a meditare in silenzio davanti al mihrab, il luogo più sacro all’interno di una moschea che indica l’esatta direzione de La Mecca, la città dove è nato Maometto. Un grande segnale di dialogo con il mondo musulmano finalizzato soprattutto al raggiungimento della pace in Medio Oriente e al contrasto del terrorismo.

Nel suo primo giorno in Turchia, infatti, Francesco ha ricordato a tutti i leader islamici del Paese che “in qualità di capi religiosi abbiamo l’obbligo di denunciare tutte le violazioni della dignità e dei diritti umani”. Il Papa ha ribadito con forza che “la violenza che cerca una giustificazione religiosa merita la più forte condanna”. Parole altrettanto forti Bergoglio le ha rivolte al presidente turco Recep Tayyip Erdogan affermando che bisogna “bandire ogni forma di fondamentalismo e di terrorismo che umilia gravemente la dignità di tutti gli uomini e strumentalizza la religione”. Ma il Papa ha chiesto anche gli stessi diritti per i cittadini musulmani, ebrei e cristiani, sottolineando l’opera “generosa” della Turchia nell’accoglienza dei profughi provenienti principalmente dalla Siria. Nel suo discorso di saluto, Erdogan ha puntato il dito contro “l’islamofobia dell’Occidente” e il presidente siriano Bashar al-Assad accussandolo di fare “terrorismo di Stato”.

La Moschea Blu visitata da Bergoglio è una delle più importanti di Istanbul. Il suo nome deriva dalle oltre 21mila piastrelle di ceramica turchese delle pareti e della cupola. È l’unica moschea ad avere sei minareti, che solitamente sono solo 4, ovvero le torri dalle quali il muezzin chiama alla preghiera cinque volte al giorno i fedeli di Allah. Subito dopo essere stato nella Moschea Blu, invertendo l’ordine del programma per evitare l’ora della preghiera dei musulmani, il Papa ha visitato il Museo di Santa Sofia. Si tratta dell’antica basilica dedicata alla Divina Sapienza, fatta costruire da Costantino sopra un sito occupato da templi pagani nel 360 dopo Cristo. Distrutta per due volte da incendi, Giustiniano la fece ricostruire per farne la basilica “più sontuosa dell’epoca della creazione”. Vennero, quindi, recuperati da ogni provincia dell’impero i materiali più preziosi e i marmi più belli. Ma alla conquista di Costantinopoli da parte dei Latini, Santa Sofia venne depredata dai suoi preziosi ornamenti. Nel 1453 Maometto II ordinò di trasformarla in una moschea e dal 1935 divenne un museo per volontà del “padre della Patria” Atatürk, fondatore e primo presidente della Repubblica turca.

Nella messa che ha presieduto nella cattedrale dello Spirito Santo di Istanbul, unica celebrazione per la piccola comunità cattolica turca, il Papa ha chiesto di lavorare per “l’unità tra i credenti”, “abbandonando uno stile difensivo”, senza “adagiarsi nelle proprie posizioni statiche e immutate”. “Quando siamo noi – ha affermato Bergoglio nell’omelia – a voler fare la diversità e ci chiudiamo nei nostri particolarismi ed esclusivismi, portiamo la divisione; e quando siamo noi a voler fare l’unità secondo i nostri disegni umani, finiamo per portare l’uniformità e l’omologazione”. Per Francesco “le nostre difese possono manifestarsi con l’arroccamento eccessivo sulle nostre idee, sulle nostre forze, ma così scivoliamo nel pelagianesimo, oppure con un atteggiamento di ambizione e di vanità. Questi meccanismi difensivi ci impediscono di comprendere veramente gli altri e di aprirci a un dialogo sincero con loro”. Il Papa ha concluso la sua riflessione invitando i cristiani a “superare le incomprensioni, le divisioni e le controversie” per diventare “segno credibile di unità e di pace”. Al termine della messa, il Papa ha partecipato, nella Chiesa patriarcale di San Giorgio, alla preghiera ecumenica con Bartolomeo I che ha definito “fratello nella fede e nella carità”, ma anche “nella speranza”.

Twitter@Francesco Grana

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