Il Jobs Act? “Di sinistra”. Come il Pd. E per dimostrarlo non c’è bisogno “dell’esame del sangue, come invece pretenderebbe qualcuno anche dalle parti del sindacato”. Parola (scritta) di Matteo Renzi, che ha inviato al quotidiano la Repubblica una lunga lettera in risposta all’editoriale ‘Parole sbagliate’, con cui il direttore Ezio Mauro aveva criticato l’attacco del presidente del Consiglio ai sindacati. Una presa di posizione, quella del quotidiano di Largo Fochetti, che non è piaciuta al premier. “Ho sempre rivendicato l’ appartenenza del Partito democratico alla sinistra. Per questo ho spinto al massimo perché il Pd fosse collocato in Europa dentro la famiglia socialista – ha scritto Renzi – Nei comportamenti concreti, nelle scelte strategiche, il Pd sa da che parte stare. Dalla parte dei più deboli, dalla parte della speranza e della fiducia in un futuro che va costruito insieme”.

Il presidente del Consiglio, inoltre, è tornato a parlare di sindacati all’indomani dell’ennesimo scontro a distanza con il leader della Fiom Maurizio Landini. “So che Repubblica non vuole farci un esame del sangue, come invece pretenderebbe qualcuno anche dalle parti del sindacato. Ho un profondo rispetto per il lavoro e per i lavoratori che il sindacato rappresenta” è il pensiero del capo del governo, il quale ha chiesto “altrettanto rispetto sia da chiedere anche nei confronti di un governo che sta cambiando il mondo del lavoro per evitare che alibi e tabù tengano fuori dal mercato milioni di lavoratori solo perché non hanno contratto o sono precari”. Poi la declinazione ‘politica’ della riforma della riforma del lavoro: “Se entriamo nel merito del Jobs Act, vediamo che non c’è riforma più di sinistra”. “Penso che il modo più utile per difendere i diritti dei lavoratori – ha spiegato il premier – sia quello di estenderli a chi ancora non ce li ha, di aprire le porte di uno spazio rimasto troppo chiuso per troppi anni. Altrimenti qualcuno ci deve spiegare perché con tutto l’articolo 18 abbiamo una disoccupazione a doppia cifra che cresce in questo paese”. Sul patto del Nazareno, poi, il leader dem ha specificato che “il Pd ha chiara la differenza tra maggioranza e opposizione così come ha chiaro che le regole del gioco si prova a cambiarle assieme per poi tornare a dividersi su tutto il resto”.

Ritornando poi al rapporto tra Partito democratico e idea di sinistra, Renzi ha sottolineato come “quella del Pd è una sfida plurale, non la tigna di un individuo. Ed è per questo, però, che non possiamo permetterci di restare fermi a un passato glorioso, ma rivitalizzarlo ogni giorno cambiando, trovando soluzioni concrete ed efficaci a problemi che si trasformano e che riguardano da vicino la vita delle persone”. Gli esempi del renzismo nella lettera hanno un nome e un cognome: “Per noi la sinistra è storia e valori, è Berlinguer e Mandela, Dossetti e Langer, La Pira e Kennedy, Calamandrei e Gandhi – ha scritto il presidente del Consiglio – Ma è soprattutto un futuro su cui lavorare insieme per risolvere i problemi delle persone”. Non poteva mancare un passaggio sulla nuova legge lettorale: “L’alternativa all’Italicum è lo status quo proporzionalistico – ha scritto l’ex sindaco di Firenze – Che convince chi ha in mente un disegno neocentrista che fino a qualche mese fa era sul tavolo e che noi abbiamo sparecchiato”.

Infine l’appello. Ai sindacati. Alla sinistra. Alla minoranza interna al suo partito: “Non siamo noi, non è il governo, non è il Partito democratico a cercare lo scontro – è la presa di posizione di Renzi – Io mi faccio molte domande, mi interrogo e sento la responsabilità del cambiamento che stiamo portando, che è autentica e non di facciata. Ma vorrei che anche il sindacato e più in generale il mondo della sinistra si chiedesse se non ci sia una grande opportunità da cogliere”.

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