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Professioni, le colpe di chi blocca la crescita

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La cronaca dell’ultima settimana ha costretto governo e giornali a ricordarsi che il “mondo del lavoro” non è soltanto quello delle piazze della Cgil e che la crescita non si decide soltanto nelle fabbriche. Il ministero del Tesoro ha annunciato una riforma della casse previdenziali delle categorie proprio nel giorno in cui il presidente di quella dei giornalisti, Andrea Camporese, veniva indagato con l’accusa di aver permesso alla Sopaf dei fratelli Magnoni di realizzare un profitto di 7, 6 milioni di euro ai danni dell’Inpgi, l’istituto di previdenza. Anche l’Antitrust di Giovanni Pitruzzella ha preso una decisione storica: sanzione di 912 mila euro ai danni del Consiglio nazionale forense, in pratica l’ordine degli avvocati. La multa poteva essere molto più salata, ma il Cnf è stato salvato dal tetto massimo al 10 per cento del fatturato (che nel caso del Consiglio è dato dalle quote di iscrizione raccolte in un anno).

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La vicenda risale al 2008: il sito AmicaCard offre agli avvocati la possibilità di farsi pubblicità on line, sfruttando le liberalizzazioni del decreto Bersani che eliminano le tariffe minime. Il Consiglio nazionale forense dichiara guerra ad AmicaCard e rivendica la possibilità di introdurre comunque una soglia sotto la quale non si può scendere perché il compenso “seppur rimesso alla libera contrattazione delle parti”, deve essere “comunque adeguato all’importanza dell’opera e al decoro della professione”. E il decoro lo stabilisce il Consiglio, che ritiene la concorrenza indecorosa ma accetta senza problemi che i praticanti o i giovani avvocati siano remunerati brevi manu dai loro dominus con poche centinaia di euro (per i fortunati, gli altri lavorano gratis) e di fatto in nero.

I notai, simbolo da sempre delle rigidità burocratiche dell’Italia, sono stati più abili: invece che limitarsi a difendere i privilegi di casta, stanno provando a dare nuove ragioni sociali a un ruolo che può sembrare medievale. Per esempio con una informatizzazione spinta che gli avvocati trascurano, offrendo supporto alla Banca d’Italia nell’attività antiriciclaggio e alle imprese nel garantire informazioni e un controllo di legalità con procedure semplificate. Non diventeranno simpatici a chi deve pagare la parcella, ma almeno lo sforzo è apprezzabile.

Finora Renzi, forse perché ha molti amici avvocati (da Maria Elena Boschi a Alberto Bianchi) ha accuratamente evitato di indirizzare la sua furia rottamatrice sulle professioni. Ma se vuole schiodare l’Italia dalla sua perenne recessione che dura da tredici trimestri dovrà occuparsene, approfittando di questi sprazzi di efficacia dell’Antitrust, utile base per impostare una nuova ondata di liberalizzazioni.

Il Fatto Quotidiano, 20 novembre 2014

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