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Hiv, fotografato per la prima volta quando è ancora incapace di infettare

Le immagini, pubblicate su Nature, dimostrano che i 'mattoni' che compongono il virus sono disposti in una maniera del tutto inattesa: conoscere la loro esatta posizione potrebbe permettere di sviluppare nuovi farmaci mirati per bloccare il processo di maturazione
Hiv, fotografato per la prima volta quando è ancora incapace di infettare
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Il virus Hiv ancora ‘bambino’, immaturo e incapace di infettare, è stato fotografato per la prima volta in alta definizione dai ricercatori del Laboratorio europeo di biologia molecolare (Embl) in collaborazione con l’università tedesca di Heidelberg. Le immagini, pubblicate su Nature, dimostrano che i ‘mattoni’ che compongono il virus sono disposti in una maniera del tutto inattesa: conoscere la loro esatta posizione potrebbe permettere di sviluppare nuovi farmaci mirati per bloccare il processo di maturazione.

Questa fase è infatti cruciale per fermare la diffusione dell’infezione nell’organismo. Quando la prima cellula viene infettata, il virus Hiv si replica al suo interno generando delle copie del proprio materiale genetico (Rna): ciascuna di queste viene assemblata con una serie di proteine e ‘spedita’ fuori dalla cellula, assumendo la forma di un virus immaturo simile alla confezione di un mobile da montare prima dell’uso.

I ricercatori hanno usato un crio-microscopio elettronico di ultima generazione

Per fare luce sul contenuto di questa ‘scatola’ e sulla disposizione dei ‘pezzi’ al suo interno, i ricercatori hanno usato un crio-microscopio elettronico di ultima generazione: questo ha permesso di svelare dettagli finora sconosciuti che non erano visibili nella prima immagine del ‘baby’ virus Hiv che gli stessi ricercatori dell’Embl avevano scattato negli anni Novanta.

La struttura del virus immaturo “è molto diversa da quella che ci aspettavamo”, spiega il coordinatore dello studio John Briggs. “Pensavamo che retrovirus come Hiv e il virus Mason-Pfizer delle scimmie avessero una struttura simile, dato che sono composti da ‘mattoni’ analoghi, ma in realtà – aggiunge il ricercatore – le loro forme immature sono diverse. A questo punto, non sappiamo spiegare il perché”. Da questo interrogativo prenderanno il via nuove ricerche, con l’obiettivo di migliorare ancora la risoluzione delle immagini alla ricerca di siti sensibili del virus da attaccare con i farmaci.

L’articolo su Nature

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