Si è parlato tanto di diritto all’oblio e l’opinione pubblica (almeno quella interessata a queste cose) si è divisa tra innocentisti e colpevolisti, ovvero tra chi desidera il diritto all’oblio e chi lo vede come una sorta di “riscrittura” della storia.
Cosa risponde però Google in Italia alla richiesta di cancellazione di contenuti effettuate dagli interessati? Le risposte in realtà sono di diverso tenore e risulta impossibile per il momento evidenziare una univocità nelle repliche da parte del motore di ricerca, anche perché accade che le varie istanze si sovrappongano e le stesse pratiche non seguano un iter unitario.
Insomma, la situazione appare (per il momento) estremamente caotica. In ogni caso questa sembra essere la risposta che adotta Google in caso decida di accettare la richiesta di rimozione:
“Gentile Utente,
La ringraziamo per il suo messaggio.
Come da lei richiesto, Google Inc. si sta adoperando per bloccare i seguenti Url dalle versioni europee dei risultati di ricerca di Google relativi alle parole di ricerca correlate al suo nome:
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
Cordiali saluti,
Il Team di Google”.
Questa è invece una comunicazione di diniego che la stessa Google invia ai richiedenti.
“Gentile Sig.
La ringraziamo per il suo messaggio.
In merito ai seguenti Url:
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
In merito ai seguenti Url:
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
Per il momento, Google ha deciso di non prendere provvedimenti riguardo gli Url in questione.
Potrebbe avere il diritto di sottoporre la questione all’autorità per la protezione dei dati del suo Paese se non è soddisfatto della decisione presa da Google. Può includere nella comunicazione all’autorità il numero di riferimento XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
In entrambi i casi si possono evidenziare due elementi:
– il primo è l’assenza di un criterio giuridico specifico nominato nella risposta (ad esempio i riferimenti normativi alla disciplina relativa al trattamento dei dati personali).
Il fatto potrebbe apparire secondario ma non lo è dal momento che l’applicazione di una norma anziché un’altra cambia completamente lo scenario, mentre la sottoposizione alla disciplina procedurale di un Garante, anziché di un altro, e la stessa possibilità di ritenere effettuato il trattamento in un Paese anziché un altro, cambia radicalmente i rimedi a disposizione degli interessati, per non parlare del fatto che, ovviamente, il ricorso al Garante non è l’unica strada possibile per gli interessati.
– il secondo è l’estrema cautela di Google nel comunicare i risultati delle proprie valutazioni. Staremo a vedere.
Ah, un’ultima notazione: in un caso come nell’altro si trattava di richieste relative ad articoli di cronaca di una grande testata giornalistica.
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