Dieci minuti di applausi che lo hanno portato alle lacrime. E’ finita nel peggiore dei modi la presidenza di Francesco Scaravaggi alla Fondazione di Piacenza e Vigevano, travolta dagli investimenti sbagliati e dalle lotte di potere. Aspetti sui quali l’ingegnere, simbolo del volontariato cattolico piacentino, non aveva responsabilità ma era stato chiamato a porvi rimedio. E invece è stato travolto. E a un anno dal suo insediamento si è dimesso insieme al consiglio d’amministrazione e ha ammesso: “Bisogna ripartire dalla consistenza esatta del patrimonio che io non ho mai conosciuto fino in fondo”. Come già scritto da ilfattoquotidiano.it a febbraio 2013, la Fondazione, nata nel ’91 dalla Cassa di Risparmio, era a un passo dal collasso. Sia economico che politico. Gli investimenti speculativi delle precedenti gestioni avevano portato alla perdita di centinaia di milioni di euro e le “fazioni” rappresentate all’interno del consiglio di amministrazioni non erano riuscite, nonostante il cambio al vertice, a trovare un accordo sulla linea di mandato che facesse tornare l’ente di via Sant’Eufemia un soggetto in grado di erogare contributi al tessuto associativo e culturale cittadino. Tanto che, negli ultimi tempi, persino i fornitori – per i quali erano già stati approvati i pagamenti – erano stati costretti a stare alla finestra per seguire la bagarre in atto prima di vedersi retribuite le loro prestazioni.

I numeri parlano di 200 milioni di euro in titoli spariti per qualche tempo su un conto svizzero, senza che si conoscesse il motivo dello spostamento ne chi detenesse la firma del conto. Altri 50 milioni sfumati nell’operazione Banca Monte Parma e 1 milione di euro perso in una banca di Gibuti, per cui è stato chiesto in seguito un azzeramento di bilancio non riuscendo più a venirne in possesso. Infine il coinvolgimento nello scandalo Mps, visto che era emerso un “mostro in pancia” all’ente di 15 milioni di euro, riferito a un’operazione sottoscritta nel 2008, nella quale era coinvolta la banca d’affari americana JP Morgan e una banca lussemburghese, il tutto consigliato da Prometeia che all’epoca era advisor della Fondazione. Anche in questo caso è finita con l’avvio di un’azione legale contro JP Morgan e la società di consulenza Prometeia “perché l’operazione in questione si è poi rivelata più rischiosa rispetto a quanto prospettato in origine” aveva precisato l’allora presidente Giacomo Marazzi.

Il giorno dell’insediamento, il 22 aprile 2013, aveva detto: “Per andare avanti devo anche guardare indietro”. Forse troppo, perché alla fine quel cda che decise di mantenere quasi interamente nei nomi, credendo che da quel momento in poi avrebbe agito in modo diverso, lo ha tradito nel momento della svolta. Dopo meno di un anno, il 16 giugno scorso, il presidente impantanato da mesi senza riuscire a portare avanti la sua azione e “scavalcato nelle decisioni dal mio vice”, propose la revoca dell’intero cda, ponendo come condizione le sue dimissioni se non fosse passata. Furono solo 10 i voti favorevoli, sui 13 necessari e tenne fede alla sua promessa. Da quel momento in poi è stato un lenta calvario. Con le accuse reciproche, che finiranno in tribunale, tra Scaravaggi e il suo vice, il banchiere Beniamino Anselmi, accusato dal presidente di prendere decisioni senza consultarlo e con gli investimenti catastrofici della Fondazione che sono finiti anche alla ribalta nazionale.

Oggi nel consiglio di amministrazione convocato per dire fine all’agonia, è stata scelta la via meno traumatica: le dimissioni in blocco di tutti i componenti del cda. Non era ancora tempo per l’elezione del nuovo presidente, perché la questione era stata segnalata al Ministero del Tesoro, che ha stabilito in dieci giorni di tempo dalle dimissioni scritte la convocazione di un nuovo consiglio. Almeno in questo caso non dovrebbero esserci sorprese, perché il nome che circola con insistenza è quello dell’attuale presidente dell’Ordine dei notai, Massimo Toscani, unico candidato. A poco, comunque, sono valse le rassicurazioni di alcuni consiglieri a fine seduta, che hanno cercato di smorzare i toni dicendo che “il clima è stato disteso”. Alla presenza dei giornalisti Scaravaggi è scoppiato in un pianto a dirotto, a testimonianza della tensione accumulata in questi giorni: “Si chiude un’esperienza che considero positiva nonostante tutto. Fondazione è un ente filantropico che si dedica alle persone che hanno bisogno e per questo dovrebbe essere modello di accoglienza e non di chiusura. Ma ogni giorno venivo a conoscenza di qualcosa di nuovo e – ha ammesso prima di andarsene – certamente bisogna ripartire dalla consistenza esatta del patrimonio che io non ho mai conosciuto fino in fondo. Sarà compito del nuovo Presidente con cui avrò il piacere di interagire”.

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