Si chiude bene e meglio del previsto la prima metà del 2014 per Intesa Sanpaolo, primo gruppo bancario italiano per attivi (628 miliardi di euro) e quota di mercato (18%). Nei primi due trimestri dell’anno, quelli tradizionalmente più “facili” per i bilanci bancari, il gruppo ha registrato un utile di 720 milioni di euro nel semestre e di 217 milioni nel solo periodo aprile – giugno. Un risultato su cui ha pesato anche l’aumento retroattivo della tassazione sulla rivalutazione della partecipazione in Banca d’Italia (pari al 30%) che ha comunque prodotto benefici patrimoniali per 2,5 miliardi. I ricavi sono saliti nei sei mesi del 4,7% a 8,5 miliardi.

I dati sono migliori di quanto atteso dagli analisti e il titolo della banca ha chiuso la giornata di venerdì in rialzo (+ 1,2%) anche grazie all’annuncio di accantonamenti per mezzo miliardo da destinare ai dividendi. Il risultato è frutto soprattutto della crescita delle commissioni incassate (+ 9,2% a 3,3 miliardi), sale anche il margine di intermediazione (la differenza tra gli interessi pagati dalla banca e quelli che fa pagare) che cresce del 3,8% a 4,2 miliardi. Scendono invece i proventi delle attività di trading in calo di quasi il 19% a 560 milioni. La banca vede i migliorare tutti gli indicatori patrimoniali con il common equity ratio (la parte più “pregiata” del patrimonio immediatamente utilizzabile per far fronte ad eventuali perdite) che sale al 12,9% degli attivi ponderati per il livello di rischio (10% la media del settore). Non dovrebbero dunque emergere problemi (leggi necessità di rafforzamenti patrimoniali) dalla revisione degli asset e successivi stress test a cui sono sottoposte in questi mesi tutte le principali banche europee (tra cui 14 italiane) in vista del passaggio sotto la vigilanza unica della Banca centrale europea.

Come per tutto il sistema bancario italiano, resta conficcata nel fianco la spina dei crediti deteriorati che rallentano la crescita ma continuano ad aumentare. I prestiti in dubbio salgono da 31 a 32,1 miliardi di euro in valore netto (ossia tenendo conto delle perdite già messe a bilancio). In valori lordi siamo intorno ai 60 miliardi di euro su un totale dei crediti in essere verso la clientela di 332 miliardi. Per far fronte alle nuove perdite potenziali l’istituto ha accantonato da inizio anno 2,2 miliardi di euro. Una mossa che alza il tasso di copertura al 46,6% a fronte di una media delle principali banche italiane del 42 per cento. Da segnalare che entro fine anno si dovrebbe chiudere la vendita di parte dei crediti deteriorati, nell’ambito di un’operazione congiunta a cui partecipa anche Unicredit.

Intesa Sanpaolo fa bene a mettere fieno in cascina. I mesi a venire non si annunciano facilissimi. L’andamento dell’economia italiana più deludente delle attese allunga i tempi per un’inversione di tendenza nella qualità del credito (le sofferenze iniziano a diminuire di solito 12/18 mesi dopo l’inizio di una ripresa). I focolai di tensione sui mercati internazionali non mancano e il rapporto tra grandi investitori e governo Renzi inizia a mostrare qualche incrinatura. Tutto questo potrebbe avere effetti sullo spread, un indicatore da seguire con attenzione per un gruppo che tiene in cassaforte titoli di Stato italiani per 120 miliardi di euro. Non a caso la banca intende diversificare il proprio portafoglio di titoli di Stato, rimodulandolo per arrivare ad una minore concentrazione sui bond italiani, come ha detto l’ad del gruppo, Carlo Messina, parlando con gli analisti finanziari. “Possiamo ridurre i nostri titoli di Stato italiani, diversificando il nostro portafoglio”, comprando anche carta francese e tedesca, ha affermato il manager. “Vogliamo diversificare il nostro portafoglio, perché con le nuove regole è meglio essere diversificati”, ha concluso.

C’è poi il fronte dell’Est Europa con le sanzioni alla Russia e l’inasprirsi delle tensioni tra Mosca e Kiev. L’esposizione dell’istituito milanese verso quest’area è significativa. Intesa Sanpaolo è presente in Russia con 69 filiali, mentre in Ungheria controlla CIB Bank. Proprio da Budapest continuano ad arrivare grattacapi. Negli ultimi due anni la controllata ha accumulato perdite per 600 milioni e lo scorso semestre Intesa Sanpaolo ha dovuto accantonare 65 milioni di euro per far fronte ai nuovi balzelli fiscali sulle banche introdotti dal governo.

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