Dall’Europa alle dismissioni di Stato, è partito il fuoco incrociato di Forza Italia sulla politica economica del governo Renzi, per arrivare dritto alla riforma del Senato. A dare il là alle danze è stato il capogruppo dei berlusconiani alla Camera, Renato Brunetta, attraverso un editoriale pubblicato sulla prima pagina del Giornale in edicola lunedì 28 intitolato Disastro economia. Ora sì meritiamo la lettera della Bce. “Fonti assolutamente attendibili parlano di una lettera in arrivo per il governo italiano. Come il 5 agosto 2011 una missiva fu inviata all’esecutivo Berlusconi senza che nessuno o quasi ne sapesse nulla e fuori da qualsiasi prassi o regola istituzionale, nei prossimi giorni una lettera simile pare sarà indirizzata a Matteo Renzi e al suo governo”, sostiene nell’articolo l’ex ministro della Pubblica amministrazione. “Il mittente sarà lo stesso di 3 anni fa: la Bce. La morale è che tre anni sono passati invano. Anzi, da allora le cose sono peggiorate”, prosegue il testo. Secondo il quale “nel 2011 il governo in carica, con qualche contrasto interno, ma con grande senso di responsabilità, accettò, seppur a malincuore, le prescrizioni della Bce, varando subito, il 13 agosto, una manovra da 64 miliardi cumulati dal 2011 al 2014, per anticipare di un anno il pareggio di bilancio, dal 2014 al 2013. E poi, il 26 ottobre, inviando ai presidenti del Consiglio e della Commissione europea una lettera di ulteriori impegni, opportunamente calendarizzati e in gran parte realizzati l’11 novembre con un maxi-emendamento alla Legge di Stabilità 2012. Chissà se il governo di oggi, se mai arrivasse la lettera, sarà in grado di rispondere, in questa estate-autunno, in maniera tanto tempestiva come fece il governo Berlusconi 3 anni fa”, conclude.

Seguono i ben noti dati macroeconomici sullo stato di salute del Paese che, secondo Brunetta, sono “il risultato fallimentare di Monti, Letta e, fino ad oggi, Renzi”. Questa, prosegue, “la premessa della lettera che rende giustizia a tre anni di balle, di sospensione della democrazia, di strumentalizzazione della crisi da parte della sinistra che adesso è al governo senza sapere perché. C’è poi una seconda parte in cui la Banca Centrale europea fa, incredibile a dirsi, autocritica”. Quindi la “terza parte”, cioè “l’analisi della situazione attuale in Italia. Questa volta si parte dai dati di fatti: i numeri dell’economia reale”. Sempre secondo Brunetta è qui che la Bce “si chiede perché l’esecutivo, nonostante una delega fiscale approvata dal Parlamento in via definitiva già a febbraio, non procede alla redazione dei decreti attuativi“. Parallelamente nella missiva si sottolineerebbe che “occorre una riduzione reale della spesa pubblica“. Un altro punto sul quale si concentrerebbe Francoforte a dire del capogruppo di Forza Italia, sono “misure significative per accrescere il potenziale di crescita. Vale a dire un New deal, un nuovo corso dell’economia italiana sul fronte della modernizzazione del Paese, attraverso investimenti pubblici e privati”. In pratica “una manovra in 5 punti che, portati avanti insieme, possono avere effetto ‘esplosivo’ per l’economia”.

Ma il veleno sta nella coda. “Ultimo, ma non ultimo: la Bce consiglia di non perdere tempo con la riforma del Senato, concentrandosi invece sull’elezione diretta del presidente della Repubblica. Il motivo è presto detto: la forma di governo non è neutra rispetto alle scelte di politica economica”, sostiene infine Brunetta. Per poi garantire che “le fonti che ci hanno dato queste anticipazioni sono assolutamente attendibili, come lo erano quelle di tre anni fa”. Non è detto, però, che la notizia sarà confermata dai fatti. E’ lo stesso Brunetta a mettere le mani avanti, svelando le carte: “Non sappiamo se questa lettera arriverà davvero (…) Molto probabilmente il 5 agosto non arriverà nulla e tutto continuerà come prima. Peggio di prima. Peccato, ma non disperiamo che da qualche parte qualcuno questa lettera la scriva per davvero. E ce la invii. Prima che sia troppo tardi”.

Nel silenzio generale, l’Adnkronos si è affrettata a far sapere con un un lancio che “fonti finanziarie ben informate della City” garantiscono all’agenzia di Giuseppe Marra che non c’è “nessuna lettera in arrivo dalla Bce al governo italiano”. Nota alla quale lo stesso Brunetta ha risposto al volo chiedendo “da quando in qua Londra svolge le funzioni di addetto stampa di Francoforte?” e aggiungendo che “fa bene quindi il Tesoro italiano a non commentare la notizia. Sul resto meglio stendere un velo pietoso. Se i conti pubblici sono a posto, come da tempo ripete il presidente del Consiglio, lo vedranno gli italiani al ritorno delle ferie. #statesereni, quindi, come fu detto ad Enrico Letta. Matteo Renzi veglia su di voi”. Quindi ha preso la parola il sottosegretario all’Economia, Pier Paolo Baretta, che sempre all’Adnkronos ha replicato che “non c’è niente da commentare, non si commentano illazioni che non hanno alcun fondamento”. Secondo Baretta, in ogni caso, quella espressa da Brunetta sulle colonne del quotidiano di casa Berlusconi, è “un’opinione non nuova” sulla situazione dei conti pubblici italiani. Quanto all’annuncio secondo cui Francoforte starebbe per inviare una lettera al governo italiano, “non lo prendo neanche in considerazione. Non mi soffermo neanche un secondo sulla lettera perché escludo che l’annuncio venga da vie così indirette”, ha  concluso il sottosegretario.

Non si è invece fermata la raffica di attacchi. Nel pomeriggio l’account Twitter de Il Mattinale, la nota politica redatta dallo staff del gruppo Forza Italia alla Camera, se n’è uscitocon un: “Renzi si rivolge a Pechino per vendere i nostri asset strategici-energetici. È incominciata l’era dei saldi dei gioielli di famiglia?”, con un chiaro riferimento alla cessione della quota di minoranza in Cdp Reti annunciata giovedì 24. Poi il pezzo da novanta.  “Quanto pagheremo tra la fine del 2014 ed il 2015? I dati sono ancora ballerini, ma il totale – intorno ai 50 miliardi – è da capogiro. Se le cose non cambieranno preparatevi al peggio”, ha scritto ancora Il Mattinale. “Non osiamo tirare le somme, per non rovinarci la giornata. Tanto più che quel tasso di crescita (pari all’1,3% nel 2015) previsto nei documenti governativi è una chimera. Se proprio non riuscite a trattenere la curiosità prendete pure la calcolatrice e fate le somme. Ma prima di tentare l’operazione è bene assumere un tranquillante. Le due manovre, sommando il 2014 e il 2015, si collocano intorno ai 50 miliardi, variamente distribuiti”.

Articolo Precedente

Commercio, ora la crescita passa per gli accordi bilaterali. Il caso Cina-Svizzera

next
Articolo Successivo

Crescita, Morando: “Tasse elevate e spesa pubblica non incidono sul Pil”

next