I deludenti dati sulla produzione industriale di Maggio stanno spingendo molti Uffici Studi a rivedere le previsioni: quest’anno il PIL non andrà oltre il +0,3. Nell’Aprile 2013 il governo Letta prevedeva +1,3%: da allora la stima è andata gradualmente calando. Comme toujours.

Le nuove stime hanno due implicazioni, cariche di conseguenze politiche:

  1. Il rapporto fra il Debito pubblico e il Pil continua a crescere, a ritmi notevoli;
  2. i disoccupati non scendono… scendono i loro risparmi familiari.

Questo non è quanto era stato promesso. È perciò in atto una revisione delle aspettative.

Sui mercati ci si chiede se il debito italiano sia sostenibile: date le tendenze attuali, molti concludono di no. Ci si chiede se qualcosa in futuro farà ripartire la crescita; si esamina più da vicino il Renzismo. Si osserva che – seppure gli attuali andamenti economici non sono imputabili al Governo in carica – Renzi si occupa di altro: di riforme istituzionali, secondo i sostenitori; di smantellare la democrazia, secondo i critici. Ma non sta imprimendo nessuna svolta alla politica economica: che resta essenzialmente quella dei governi precedenti. I conti del 2015 non quadrano. Occorrerà fare altra austerità: è dunque possibile che la situazione economica si deteriori ulteriormente.

Gli investitori allargano lo sguardo a Spagna, Portogallo, Grecia, Irlanda, ecc. Notano che anche qui il rapporto Debito/Pil continua a salire. Chi pagherà il conto? Gli investitori si volgono verso la Bce. Riconsiderano la promessa del 26 Luglio 2012 che fermò gli spread: “Faremo tutto il necessario per salvare l’Euro”. Partorì gli OMT: una garanzia ambigua! La BCE si accollerà davvero le perdite sui titoli pubblici? Nel 2012 la situazione era diversa. La BCE fronteggiava una ‘crisi di liquidità’ di quelle che si auto-avverano. Per rendere i debiti sostenibili era sufficiente offrire una garanzia, senza spendere un solo Euro. Ma l’ipotesi sottostante era: la crescita ripartirà. Non è così. Perciò il rischio dell’instabilità finanziaria torna concreto. Berlusconi cadde così.

Renzi gode ancora di ampi consensi. Ma quanto dureranno? Considerato il suo populismo, molti rispondono: “Vent’anni! Come Berlusconi!”, che mai fu scalfito dal declino italiano. I due adottano la stessa tecnica: additare al popolo sempre nuovi ‘nemici del cambiamento’ (Europa, P.A., CGIL…), su cui scaricare i fallimenti… Ma le circostanze sono mutate. La gente oggi soffre; perciò bada molto più alla sostanza. Renzi non ha più riserve di spesa pubblica da regalare per occultare i fallimenti. Se i risultati non arrivano, il consenso calerà. Inoltre, la gente sembra oggi accettare di perdere antichi diritti (eleggere i senatori, selezionare i deputati, l’uguaglianza dei politici di fronte alla legge, ecc.) in cambio della promessa ripresa economica. Ma domani?

E arrivo al M5S. Per raccogliere il malcontento provocato dai fallimenti altrui, adesso occorre dimostrare di essere portatori di soluzioni superiori. Nei mesi scorsi ho spesso rivolto critiche al M5S per stimolarne la crescita. Per esempio quando nel Marzo 2013 non ha proposto al Pd un ‘governo di cambiamento’ di alto profilo. O quando si è abbandonato al cupio dissolvi (tutto crollerà, ecc.). O quando sulla Costituzione ha assunto un atteggiamento ambiguo (i partiti sono superati; la democrazia rappresentativa è superata; il Parlamentare deve avere un mandato vincolato; ecc.). I balordi che vogliono un giornalismo schierato, incapaci di autocritica, se ne dolevano. Ma il M5S sta crescendo. Sta passando da una cultura da movimento – con un’Agenda limitata – a una cultura da partito – capacità di affrontare tutti i problemi. Sta organizzando i rapporti interni in maniera più tollerante, ma abbastanza coesa. Ecc.

La domanda cruciale è se M5S stia sviluppando una cultura di governo adeguata ai problemi: e questo è oggi uno standard altissimo. Si consideri il Ministro dell’Economia, Padoan. È possibile sostenere che sia il miglior Ministro dell’Economia degli ultimi anni, e al tempo stesso che sia inadeguato. Una malattia grave richiede medici non solo di alto livello, ma anche con la giusta specializzazione; per vincere la crisi occorrono non solo bravi economisti, ma che siano anche esperti di politiche della domanda. (Padoan è un esperto delle politiche dell’offerta). Auspicherei pertanto che M5S proponesse un governo di alto profilo senza parlamentari dentro. I parlamentari facciano i parlamentari, cioè i controllori del governo. Controllino i risultati, inclusi gli ‘obiettivi intermedi’ (per vedere se la strategia funziona). E se il Governo non sta portando i risultati concordati, via, si cambia!

M5S potrebbe annunciare per ogni ministero una terna (in evoluzione) di nomi che ‘tiene in considerazione’ come potenziali Ministri. Per dissipare i timori, alzare gli standard, segnalare che un’altra politica è possibile. C’è, sotto, un’idea paradossale: il M5S può diventare la formazione politica più moderata. E un equivoco da dissipare: Pd e Pdl fanno una politica economica moderata, quando essa spinge in povertà assoluta il 10% degli italiani? Fanno una politica istituzionale moderata, quando cancellano conquiste storiche della democrazia… e ‘i treni finalmente arriveranno in orario’? Gli italiani vogliono un buon governo, che risolva davvero la crisi. L’apparente radicalismo della ‘rottamazione’ è solo una protesta di moderati contro l’estremismo dell’incompetenza e della disonestà. Se il M5S abbandonerà i sogni palingenetici, l’arroganza del “sappiamo tutto noi”, e impegnerà umilmente – nel confronto con tutti – i migliori italiani a ristabilire la civiltà economica e democratica, potrà raccogliere l’eredità del Governo prima di quanto si pensi. In non so più quale western, dice Henry Fonda dopo una sparatoria: “Ragazzo, ti consiglio di crescere; in fretta!”. Chi ha orecchi intenda.

 

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