Ai senatori fa comodo e il governo vuole garantirgliela, ma la reintroduzione dell’immunità per i membri del futuro Senato sta causando spaccature nella maggioranza e ostacoli sulla via delle riforme. Secondo il Consiglio d’Europa, l’Italia è tra i paesi storicamente più garantisti: il grado di protezione prevista da Roma è per alcuni aspetti paragonabile a quello di Albania, Bielorussia, Georgia e Russia. Lo dice un recente rapporto della Commission de Venise, organo consultivo sulle questioni costituzionali del Consiglio con sede a Strasburgo. “Dallo studio emerge come il grado di protezione previsto per i parlamentari italiani è uguale a quello di paesi in cui la democrazia è meno evoluta“, traduce Lorenzo Cuocolo, professore di diritto comparato all’università Bocconi di Milano. 

I GIURISTI: “ITALIA COME ALBANIA, RUSSIA E UCRAINA”
Giusto tre mesi prima che l’emendamento 6.1000 firmato dai relatori Finocchiaro e Calderoli reintroducesse a sorpresa l’immunità per i futuri senatori, non prevista dal ddl 1429 del governo, il Consiglio d’Europa emetteva un giudizio netto sul tema, a firma della Commission européenne pour la démocratie par le Droit, meglio nota come Commission de Venise. Il 21 marzo l’organo consultivo del Consiglio sulle questioni costituzionali ha pubblicato il Rapport sul l’étendue et la levée des immunités Parlementaires, in cui fa un esame comparato dell’immunità nei paesi del continente: la Commissione ricorda che “in Italia l’articolo 68 della costituzione è stato modificato nel 1993 (con l’abolizione dell’autorizzazione a procedere, ndr): è ormai possibile lanciare un’azione penale contro un parlamentare senza l’autorizzazione preventiva del Parlamento”, ma al punto 109 sentenzia: “I paesi in cui i parlamentari (…) sono al riparo dalle perquisizioni nelle loro abitazioni e nei loro uffici sono l’Albania, l’Austria, la Bielorussia, la Georgia, la Russia, l’Italia (articolo 68 – comma 2, ndr) e l’Ucraina”.

IL COSTITUZIONALISTA: “SE LA DEMOCRAZIA E’ FORTE, LO SCUDO NON SERVE”
Punto 184 del report: “L’immunità parlamentare non è necessaria in una democrazia moderna. Se il sistema politico funziona, i parlamentari sono adeguatamente protetti da altri meccanismi”. Molte le controindicazioni: “L’inviolabilità (…) si presta a molteplici deviazioni che possono indebolire la democrazia, erodere lo stato di diritto e ostacolare la giustizia”, afferma la Commissione all’articolo 199. Tradotto: “Il Consiglio esorta gli Stati a restringere la tutela alla sola manifestazione del pensiero – spiega ancora Cuocolo – c’è un rapporto direttamente proporzionale tra la restrizione delle immunità per i parlamentari e la maturità di una democrazia”. Un esempio virtuoso: al punto 156, “la Commissione osserva che la tradizione del Bundestag tedesco consistente nel revocare l’immunità all’intera assemblea all’inizio della legislatura è un buon esempio“.

GERMANIA, L’IMMUNITA’ C’E’ MA VIENE AUTOMATICAMENTE REVOCATA
La Costituzione tedesca, articolo 46 commi 2 e 3, garantisce immunità da arresto e indagini ai suoi deputati per reati comuni salvo autorizzazione del Bundestag. Ma una prassi consolidata fa sì che la guarentigia venga automaticamente revocata ad ogni inizio di legislatura (ad eccezione di fatti diffamatori di carattere politico). Se poi la magistratura chiede di indagare, non trova ostacoli nell’assemblea. “L’immunità per i reati comuni non viene mai invocata dal deputato, né concessa dal Bundestag – spiega Michael Braun, corrispondente dall’Italia per la Taz – Die Tageszeitung – una volta che dai magistrati arriva la richiesta di autorizzazione a procedere, la Commissione immunità si riunisce immediatamente, nella maggior parte dei casi entro 24 ore, e concede l’autorizzazione. Non ricordo un solo caso in cui il via libera non sia stata concesso negli ultimi decenni. E nessun partito si sognerebbe mai di gridare alla persecuzione”. Quasi mai, poi, si arriva al giudizio della commissione: “In genere i deputati si dimettono prima, i primi a chiederlo sono i partiti”. Per i membri del Senato, invece, non è prevista alcuna immunità, anche se i suoi componenti sono tutelati dalle guarentigie previste dai lander di provenienza.

REGNO UNITO E PAESI BASSI, NESSUNA TUTELA CONTRO L’ARRESTO
Ai parlamentari di sua Maestà è garantita l’insindacabilità delle opinioni (articolo 9 del Bill of Rights del 1689), ma in ambito penale sono trattati allo stesso modo degli altri cittadini: se commettono reati comuni, i deputati possono essere perseguiti, rinviati a giudizio e arrestati. La cronaca degli ultimi anni è densa di casi, esemplificativo lo scandalo rimborsi che dal 2009 ha scosso a più riprese la politica inglese. Nel 2010 quattro parlamentari, 3 laburisti (Jim Devine, David Chaytor ed Elliot Morley) e un conservatore(Lord Hanningfield), accusati di furto nell’ambito dell’inchiesta sulle spese gonfiate, obiettarono che la loro condotta doveva essere fatta rientrare sotto la “la libertà di parola e di discussione o le attività del Parlamento” garantite dal Bill of Rights, il che gli avrebbe consentito di essere giudicati dai colleghi del Parlamento e non in un normale tribunale. Ma prima la Southwark Crown Court, poi la Corte d’Appello (composta da composta da 3 dei più alti magistrati britannici) hanno detto no. Anche l’Olanda prevede per i per i propri parlamentari l’insindacabilità (articolo 71 della Costituzione), ma non l’inviolabilità: l’uguaglianza con i cittadini in caso di reati comuni è addirittura sancita da una legge risalente al 1884.

IMMUNITA’ IN TUTTI GLI STATI, MA LE GARANZIE DIMINUISCONO
Tutte le democrazie europee prevedono forme di insindacabilità per le opinioni (prevista dal comma 1 dell’articolo 68 della Costituzione italiana) e forme di immunità dai reati penali (commi 2 e 3), ma molti di loro hanno progressivamente ridotto le garanzie per i loro parlamentari. Qualche esempio: in Svezia esiste l’autorizzazione a procedere, ma i deputati possono essere perseguiti e arrestati in caso di flagranza (come in Italia) e confessione e se il reato prevede dai 2 anni di carcere in su; in Portogallo rischiano il carcere se la pena prevista è superiore ai 3 anni; in Austria l’immunità cade se il reato non ha palesemente alcun rapporto con l’attività politica del deputato; il Finlandia lo scudo viene revocato se il reato prevede almeno 6 mesi di reclusione. In Irlanda e Norvegia, poi, l’inviolabilità parlamentare mira soltanto ad impedire che il deputato sia arrestato durante una sessione e quando si reca in parlamento o ne ritorna.

L’EUROPA INDICA UNA STRADA, L’ITALIA NON LA SEGUE
Nel suo report la Commission de Venise sottolinea che mentre “l’istituto dell’irresponsabilità è in generale solidamente fondato e non necessita di riforme nella maggior parte dei pesi presi in esame”, “l’inviolabilità parlamentare e i suoi meccanismi dovrebbero essere oggetto di un riesame e di una rivalutazione critica”. E l’Italia cosa fa? Va in direzione contraria: con un emendamento reintroduce l’immunità per i futuri senatori (che non era prevista dal governo) nel testo di riforma dell’assemblea di Palazzo Madama e sceglie la strada della conservazione.

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