Egregio Dottor Blandini, ho letto con grande interesse la Sua cortese e puntuale replica al mio ultimo post così come avevo già letto la Sua puntualizzazione al mio precedente pezzo e, mi auguro sinceramente tutti gli interessati a questa vicenda lo abbiano fatto perché sono convinto che confronto e dialogo siano l’anima della democrazia.

Temo, tuttavia, che il “nostro duetto” – non avendo noi la voce del Suo Presidente Gino Paoli – né la penna di due giornalisti o romanzieri di successo potrebbe annoiare i tanti che hanno voglia di capire quanto sta accadendo. Mi limito quindi a poche puntualizzazioni in una manciata di caratteri ed a farLe poi qualche domanda alla quale, sono certo, non vorrà sottrarsi dal rispondere. In replica, in genere, si contrappone una verità obiettiva ad una verità opinabile o, meglio ancora, ad una menzogna di chi ha scritto il pezzo a cui si replica.

Mi sembra, però, che nel nostro caso sia accaduto l’opposto. Lei scrive che quella dell’equo compenso per copia privata non dovrebbe essere una vicenda che interessi i milioni di consumatori italiani di tecnologie digitali perché non saranno loro a pagare i 150 milioni di euro (e forse più) che con il Suo Decreto il ministro Franceschini ha ritenuto equo vengano versati ad autori ed editori. Credo basti un tweet (140 caratteri) per smentire platealmente quello che scrive: in Francia, ovvero nel Paese la cui disciplina, più di ogni altro, ha ispirato le richieste di Siae al Ministro ed il Decreto del Ministro dal 1° aprile chi vende tecnologia è obbligato a informare i consumatori di quanto, per ciascun dispositivo o supporto, “pesa” l’equo compenso per copia privata.

Mi risulta strano credere che non ne sia a conoscenza e mi risulta difficile conciliare tale circostanza con la sua replica secondo la quale dell’equo compenso non dovrebbero preoccuparsi i consumatori italiani. Senza contare – se mi permette un altro tweet – che è la disciplina europea a prevedere che l’equo compenso lo paghino i consumatori ed ad ammettere – addirittura come eccezione – che lo Stato autorizzi un prelievo, per comodità, dai distributori.

Mi dice poi – invitandomi a riflettere su una circostanza che in realtà mi era sfuggita – che Siae conoscerebbe il contenuto del Decreto in dettaglio benché lo stesso non sia stato ancora pubblicato perché avrebbe una poltrona, al pari di molte altre associazioni, nel comitato permanente sul diritto d’autore. Ha, naturalmente, ragione, se non fosse che il ministro prima di firmare il decreto si consulta con il Comitato permanente al quale, però, non mi risulta debba poi trasmettere – prima della pubblicazione – una copia del decreto che ha deciso di firmare.

Quindi o Siae pubblica quale “contenuto del decreto” quanto previsto nei “suggerimenti” che il Comitato permanente ha trasmesso al ministro, dando per scontato che questi li abbia integralmente accolti o Siae dispone della versione definitiva del decreto della quale nessun altro comune mortale – inclusi i membri del comitato permanente – dispone e dovrebbe disporre.

Mi sembra inutile aggiungere alcunché a proposito di quanto accade negli altri Paesi. L’immagine estratta dalla ricerca dell’organizzazione mondiale della proprietà intellettuale – e non da stime o studi di Confindustria digitale – racconta, in modo plastico, che nel 2012 in Italia è stato raccolto di più di quanto sia stato raccolto in ogni altro Paese europeo, Francia esclusa.

 

Prima di salutarLa e ringraziarLa, le mie domande.

1. Quanto Siae stima di trattenere per sé – a titolo dichiarato di “costi di gestione” – dei 150 milioni di euro (o più) che incasserà annualmente a titolo di equo compenso per copia privata, considerato che sui 72 milioni di euro incassati nel 2012, ha tenuto per sé oltre 5 milioni di euro? Viene da pensare che si tratterà – milione in più, milione in meno – di oltre 10 milioni di euro.

2. Il Bilancio Siae, racconta che, ogni anno, restano in deposito – in ragione dei “tempi tecnici di riparto – oltre 100 milioni di euro incassati, nel tempo, a titolo di equo compenso per copia privata. Una montagna di denaro che naturalmente produce interessi e che va ad unirsi a circa trenta milioni di euro di benefici finanziari che i ritardi – tutti certamente naturali ed ineliminabili – nel riparto dei diritti d’autore, generano per la Sua società. A quanto ammonteranno gli interessi che la Sua società stima di guadagnare grazie alle maggiori somme in transito sui Vostri conti correnti per effetto del Decreto Franceschini?

3. Un’ultima domanda alla cui risposta, credo che le decine di migliaia di autori italiani tengano particolarmente: riuscirebbe a spiegare in termini – a prova di avvocato fazioso, polemico e poco intelligente come me – come il fiume di denaro che Siae incasserà per i propri associati, a titolo di equo compenso per copia privata verrà ripartito tra di loro e perché, nel 2014, per procedere al riparto sia necessario così tanto tempo? Certo i tempi tecnici producono enormi vantaggio per la Siae ma, frattanto, decine di migliaia di autori restano in attesa di ricevere ciò che, a loro nome, è stato chiesto ed incassato.

Grazie per il Suo prezioso contributo ad aiutare, tanti, a capire. 

Nota di trasparenza: rappresenterò Altroconsumo nel giudizio di impugnazione contro il Decreto Franceschini sull’equo compenso per copia privata