Vodafone, gigante della telefonia mondiale, rivela che gli Stati e le agenzie governative di security hanno diretto accesso alle sue reti di comunicazione. In pratica, grazie a dei “wires”, cavi collegati direttamente alle linee telefoniche, possono ascoltare le telefonate oppure avere informazioni sui “metadata”, ossia l’identità e l’indirizzo di chi sta effettuando una telefonata. Questo il contenuto del lungo documento che l’azienda diffonderà oggi, il Law enforcement disclosure report, che verrà offerto alla grande stampa internazionale con una richiesta formale da parte di Vodafone: “Smettetela con questo accesso diretto”, in pratica, smettetela di spiarci.

Italia in testa alle intercettazioni legali. Come riportato questa mattina da tutta la stampa britannica, dal Financial Times al Guardian, nel 2013 l’azienda ha ricevuto 606mila richieste legali di “metadata” per il nostro paese, mentre le intercettazioni ottenute sono state 141mila, come comunque era già stato rivelato dal parlamento. Numeri che rendono il nostro paese uno dei più controllati, almeno nel network di Vodafone, e la stampa del Regno Unito ricollega questo fatto alla mafia e alla criminalità organizzata. Per fare un raffronto, nella Spagna dei Paesi Baschi le richieste legali sono state 24mila, nel Regno Unito dell’Ira e del terrorismo di matrice islamica non più di 2.800.

Spiare senza autorizzazione. Queste, appunto, le spiate rese possibili dalla legge, ma ora Vodafone avverte: le agenzie, in molti paesi, grazie a questi cavi collegati direttamente ai centri di smistamento, possono ascoltarci o sapere molte cose di noi grazie a un semplice bottone da premere, spesso a distanza. E senza fare richiesta formale, quindi senza avvertire Vodafone, o la magistratura. La compagnia non specifica quali siano gli stati in cui ciò avviene. Il Guardian, citando “fonti interne del settore”, si limita a precisare che in queste centrali telefoniche lavorano dipendenti delle aziende di comunicazione, ma che spesso sono soggette a controllo governativo e a esigenze di sicurezza nazionale, di modo che il loro datore di lavoro, spesso, non può controllare esattamente quello che viene fatto in queste stanze del controllo.

Il responsabile per la privacy del gruppo, Stephen Deadman, ha detto al Guardian: “Questi cavi esistono, esiste un modello di accesso diretto. Ora stiamo chiedendo alle agenzie governative di usare l’accesso diretto come un modo per ottenere informazioni sulle persone. Senza una richiesta ufficiale (warrant, ndr), non c’è visibilità esterna di queste pratiche. Il fatto che le autorità debbano fornire un pezzo di carta è un importante limite al modo in cui il potere viene usato”. La richiesta di Vodafone, appunto, è  di disconnettere tutti questi cavi e rendere queste pratiche illegali. Cosa difficile da ottenere viste le diverse leggi dei 29 paesi presi in esame dal report (alcuni europei ma molti in Africa e Asia), anche se l’azienda questa volta pare essere determinata ad andare avanti. Ora c’è già chi teme un “effetto Snowden” di queste rivelazioni. Riuscirà anche il rapporto di Vodafone a fare ulteriore luce sugli apparati di controllo internazionale? Le associazioni britanniche per la difesa dei diritti civili e della privacy intanto lanciano l’allarme: “Questa è una notizia terrificante”.

 

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