Dopo una settimana di “agonia” Ferdinando Minucci toglie il disturbo ma tra i presidenti della Legabasket resta l’imbarazzo per la scelta compiuta tre mesi fa a carte già scoperte. Il presidente in pectore del massimo campionato italiano di pallacanestro, arrestato giovedì scorso con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla frode fiscale, ha scritto una lettera per comunicare le proprie dimissioni irrevocabili ai club della Serie A: “Faccio questo nell’interesse della Lega e permetterle di assumere al più presto tutte le deliberazioni necessarie per avere nei tempi previsti una nuova guida in grado di programmare insieme ai club il futuro del movimento di vertice in vista delle importanti sfide che lo attendono – scrive Minucci – Vi ringrazio della fiducia e dell’onore che mi è stato concesso di essere indicato alla guida della Lega”.

Pur non avendolo mai detto in via ufficiale, era il gesto che le società si aspettavano fin dal giorno in cui l’ex dirigente di Siena è finito ai domiciliari. La decisione di Minucci non migliora, semmai aggrava, la posizione delle 14 società che l’8 febbraio lo hanno eletto presidente e, quando la situazione è precipitata, hanno tentennato prima di prendere una decisione che sgombrasse il campo dai dubbi. Seppur in ritardo, Minucci ha comunque giocato d’anticipo rispetto ai suoi ex colleghi, sapendo che non avrebbe mai potuto prendere pieni poteri dal 1° luglio, giorno in cui sarebbe scattato il suo mandato. Così i presidenti non dovranno compiere una retromarcia ufficiale che rischiava d’apparire quantomeno stonata dopo gli scroscianti applausi e le dichiarazioni rilasciate all’indomani dell’8 febbraio, quando tutti – tranne Virtus Bologna e Virtus Roma – sposarono la candidatura proposta da Cantù, Milano e Sassari.

Minucci infatti in quel momento risultava indagato da oltre un anno per gli stessi motivi che il 9 maggio hanno portato al suo arresto. Secondo gli inquirenti la Mens Sana avrebbe pagato in nero parte degli stipendi dei suoi giocatori tra il 2007 e il 2012, gli anni della Siena imbattibile. E il dominus dell’operazione sarebbe stato Minucci. I presidenti non potevano non sapere anche perché già nel gennaio 2013 ilfattoquotidiano.it aveva parlato del caso. Ma lo votarono ugualmente, presentandolo come dell’uomo della svolta per il basket italiano. Il tempo ha dato ragione ai contrari, anche se tra la votazione e gli arresti della scorsa settimana, il presidente di Bologna Renato Villalta è anche stato ascoltato dalla procura federale in relazione alle dichiarazioni rese sul neo presidente. “I valori miei e della Virtus non collimano con i suoi”, aveva commentato il numero uno emiliano a più riprese lasciando intendere quello che in realtà tutti già sapevano.

Con le immagini della scorsa settimana che immortalano Minucci mentre copre le manette grazie a un giaccone, il movimento ha toccato il punto più basso della sua storia. La pallacanestro è finita nei titoli dei tg nazionali, dove due mesi fa i presidenti speravano di arrivare per motivi sportivi grazie alla campagna “Più basket in Rai”. Nei giorni seguenti l’arresto, nessuno ha rilasciato dichiarazioni e sono state lente le mosse per uscire dal vicolo cieco nel quale le società si sono infilate con le loro stesse mani. L’unico commento a caldo è arrivato da Stefano Sardara, numero uno di Sassari, dichiaratosi “sconvolto” e fermo nel ribadire che “nessuno di noi immaginava una cosa del genere né nella forma né nella sostanza”. Ma i fatti raccontano il contrario.

Anche la Lega ha preso tempo diramando un comunicato di due righe poche ore dopo l’arresto per spiegare che del caso si sarebbe discusso in un’apposita assemblea. La politica attendista, domenica sera, ha spinto il proprietario di Roma, Toti, a diramare una nota velenosa: “Mi dispiace non sia stata compresa pienamente la gravità del momento che sta attraversando il basket italiano. Ho chiesto la convocazione urgente di un’assemblea di Lega per discutere su quanto accaduto e su quanto dovremo fare. Mi sembra però che molti colleghi non ravvisino l’urgenza da me dichiarata”. Ieri, a sei giorni dall’operazione della Guardia di Finanza, è arrivata la comunicazione ufficiale: l’assemblea per eleggere la nuova guida del campionato si farà lunedì a Milano. Minucci è riuscito a bruciare i tempi ed è comunque probabile che nella riunione della prossima settimana non si arrivi a una votazione perché la Lega è spaccata.

Da domani una frangia di ‘elettori’ si vedrà al Forum di Assago in occasione della Final Four di Eurolega. Si proverà a convergere su una personalità che dia ampie garanzie sia sotto il profilo manageriale che morale. Il nome più caldo è stato fino mercoledì quello di Maurizio Gherardini, attualmente senior advisor degli Oklahoma City Thunder, che avrebbe però declinato la proposta. Negli scorsi giorni era circolata la voce di una possibile candidatura di Livio Proli, presidente dell’Olimpia Milano, ma anche l’uomo di Giorgio Armani non finirà ad amministrare la Lega. E l’opzione Fernando Marino, presidente di Brindisi, non piace alle società medio-piccole. Una soluzione interna – limpida sotto il profilo etico e morale – è un’altra possibilità molto chiacchierata in queste ore, destinata probabilmente a prendere quota se Gherardini dovesse confermare il suo no. Questa volta forse gli applausi avranno davvero ragione d’esistere. Ma l’imbarazzo continuerà a risuonare.

Twitter: @AndreaTundo1 

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