Le associazioni per la difesa dei diritti umani vanno all’attacco, nel Regno Unito, perché l’Alta corte di Londra ha deciso di porre fine a una pratica tollerata fino a ora. Così, da oggi, quelle oltre mille donne nordirlandesi che ogni anno varcano il mare per porre fine a una gravidanza non avranno più alcuna speranza di ottenere un aborto gratuito nelle strutture pubbliche inglesi. L’Irlanda del Nord, infatti, è l’unica area del Regno Unito dove l’interruzione è ancora fortemente limitata e il dato ufficiale proveniente da Belfast è di solo 51 aborti praticati negli ospedali di quella zona nel 2013. La legge li consente solamente in casi gravi di pericolo per la donna, così allo stesso modo anche nelle cliniche private gli ostacoli sono tanti. Andare in Inghilterra o in Scozia era, fino a oggi, l’escamotage più utilizzato. A Londra, per esempio, bastava presentare il tesserino medico nordirlandese e l’aborto veniva praticato. Ora, appunto, non sarà più così. Con una decisione della corte che, in un regime di common law come quello britannico, va a costituire legge.

Contattata da ilfattoquotidiano.it, Grainne Teggart, rappresentante di Amnesty international in Irlanda del Nord, ha commentato: “Questa decisione della corte, pur da rispettare, mette in evidenza le leggi datate e troppo restrittive di Belfast. È inaccettabile che le donne nordirlandesi vengano considerate delle cittadine di serie B per quanto riguarda l’accesso alla sanità pubblica”. Da ora, appunto, potranno ricorrere in Inghilterra solamente alle cliniche private, spesso molto costose. E anche la Scozia si starebbe preparando a pronunciarsi in materia, solitamente, infatti, Londra è solamente la capofila di movimenti di pensiero e di legge che poi attraversano tutto il Regno Unito.

L’area dell’isola governata dalla regina è quindi l’unica a non applicare la legge britannica sull’aborto, che risale al 1967. Secondo Teggart, inoltre, “le norme dell’Irlanda del Nord vanno contro ai diritti umani internazionali, compreso il diritto delle donne a non essere discriminate, alla salute, alla vita e all’integrità fisica. Il governo di Belfast – ha proseguito l’attivista – deve prendere una decisione, considerando il terribile impatto di queste leggi sul complesso dei diritti umani”. Il caso in questione partiva, infatti, dal ricorso di due donne che si erano viste negare per la prima volta l’aborto. Si è giunti così fino all’Alta corte, che poi, appunto, ha deciso in favore dell’ospedale che oppose il rifiuto.

Insieme ad Amnesty International in queste ore stanno protestando anche altri gruppi per la difesa dei diritti, come il gruppo Marie Stopes, che ha posto l’attenzione sullo “stress incredibile al quale queste donne vengono sottoposte”. A Stormont, il parlamento dell’Irlanda del Nord, deputati e gruppi politici sono assai divisi al momento sulla strada da intraprendere. La Repubblica d’Irlanda, più a sud, ha recentemente ampliato la possibilità di scelte delle donne che vogliano abortire e la scorsa estate è stata rivelata la prima operazione veramente legale della storia di Dublino, interruzione di gravidanza tenuta inizialmente nascosta per evitare proteste e manifestazioni delle associazioni antiabortiste cattoliche.

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