‘Pontormo e Rosso Fiorentino. Divergenti vie della “maniera”’. C’è sapienza sintetica nel titolo della mostra in corso a Palazzo Strozzi dall’8 marzo al 20 luglio. Curata da Antonio Natali (Direttore della Galleria degli Uffizi) e Carlo Falciani (Docente di storia dell’arte), s’impone come uno degli eventi culturali fiorentini (e non solo) più interessanti della stagione, almeno in riferimento alle arti figurative.
L’occasione di vedere nuovamente riuniti i due discepoli coetanei (ddn 1494) di Andrea del Sarto è infatti dichiaratamente finora unica e forse irripetibile. Il Vasari li amò entrambi e intuì in loro il talento diversamente progressista della “maniera moderna”, ovvero di assorbire le tradizioni dell’epoca e rielaborarle secondo direzioni originali rispetto ai linguaggi della composizione (Pontormo) e della raffigurazione linear-cromatica (Rosso Fiorentino). Entrambi ruppero gli schemi di una certa classicità “avan-guardando” talvolta con spregiudicatezza ed eccentricità a ciò che sarebbe diventato un certo tipo di sguardo futuro, specie tedesco/fiammingo e francese. Nel complesso panorama storico, filosofico-politico e dunque sociale e artistico del ‘500 italiano ed europeo, i due “gemelli diversi” rivestirono percorsi/modelli di rilevanza assoluta.
Al di là del godimento estetico davanti alle opere esposte, raccolte naturalmente da diversi musei/collezioni o staccate e appositamente restaurate da chiese/strutture fiorentine, il valore aggiunto della mostra risiede nell’intelligenza concettuale del percorso, che ha scelto questi due protagonisti dell’arte per spiegare uno dei passaggi ideologici/politici più delicati di quell’epoca.
Jacopo Carrucci (in arte Pontormo) fu il pittore preferito dei Medici, soggiornò stabilmente a Firenze tranne che per un viaggio romano presumibilmente col Sarto e il Rosso, fu attratto dal “naturalismo” di stampo leonardesco ma anche tedesco (i suoi volti spesso si ispirarono a quelli del Dürer); Giovan Battista di Jacopo (in arte Rosso Fiorentino) non ricevette mai committenze medicee, fu vicino agli aristocratici filo-repubblicani e filo-savonarola, viaggiò per tutta la vita finendola alla corte di Francesco I a Fontainebleau, la sua stravaganza figurativa esasperata dall’ispirazione michelangiolesca fu spesso contrastata dal gusto corrente, si interessò anche alle pratiche esoteriche e alla Cabala. Entrambi vissero gli eventi drastici che mutarono radicalmente il panorama politico pre-italiano, ma mentre il Pontormo partecipò meno intensamente alla vita politica, il Rosso ne fu coinvolto, essendo anche imprigionato dai tedeschi durante il Sacco di Roma del 1527.
La sommarietà qui utilizzata per descrivere contenuti/contesti e similitudini/divergenze è naturalmente sviluppata e ben documentata nel percorso espositivo di Palazzo Strozzi, specie nell’accostamento di temi diversamente raffigurati dai due artisti. Scegliendo tra le stanze in cui il visitatore è invogliato a sostare per ammirare e riflettere, di particolare valore è la parete in cui sono affiancate la Pala dello spedalingo (1518) del Rosso, la Pala Pucci (1518) del Pontormo e – al centro – la magnifica Madonna delle Arpie (1517) del maestro di entrambi Andrea del Sarto, e per entrambi momento di chiara ispirazione per le rispettive e sopracitate Pale: opere quasi contemporanee, rivelano già con chiarezza i nodi centrifughi degli sguardi dei due discepoli che nel procedere del percorso si faranno più netti ed evidenti anche agli occhi meno allenati. Tra le punte di diamante dell’esposizione si segnalano anche Lo sposalizio della Vergine (Rosso Fiorentino, 1523), Visitazione (Pontormo, 1528/9) e Pietà (Rosso Fiorentino, 1937/40).
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