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Pd, bene le donne capolista, ma per le nomine delle società pubbliche?

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C’è chi ha affermato che l’aver messo cinque donne a guidare le liste del Pd/Pse alle europee è stata una mera operazione di marketing, “fumo negli occhi”, come ha detto Ignazio La Russa.

Sono certa che non è così. Ma, se anche così fosse, vista la loro esperienza e competenza, questo fumo ci piace. E la dimostrazione che siamo sulla strada giusta è proprio nel becero e maschilista ennesimo attacco di Grillo che ha definito le candidate “veline”.

Pur non essendo una renziana, né della prima né della seconda ora, devo dare atto al presidente del Consiglio di aver mantenuto le sue promesse per quanto riguarda la parità di genere nei ministeri e nelle candidature. Così come sono soddisfatta dell’impegno annunciato dalla ministra Guidi a garantire il rispetto dell’equilibrio di genere nelle future nomine delle società a partecipazione pubblica. Vigileremo che vengano effettuate nella massima trasparenza e assicurando il merito.

Suscita invece non poca perplessità la mancata attribuzione delle deleghe per le pari opportunità. Attenzione, non si tratta di rivendicare un ministero e, anzi, l’idea di una collocazione presso la Presidenza del Consiglio era una delle cose che avevamo auspicato nel dibattito sulla fiducia a Renzi.

Avevamo però anche chiesto l’individuazione di una figura o entità che valutasse l’impatto di genere su tutte le nuove leggi. Non abbiamo dubbi sulle capacità di Renzi e sul suo super attivismo, ma di certo non può far tutto da solo. Una persona o entità dedicata esclusivamente a questi temi ci vuole e va individuata.

Basti pensare, appunto, alle future nomine. Chi vigilerà sulla trasparenza del metodo, sulla qualità dei curricula e sul merito delle candidate?

Basti pensare al piano antiviolenza del quale non da un po’ non si sente più parlare. Che fine ha fatto? Chi se ne occupa?

Basti pensare agli impegni internazionali, come nel caso della sessione dello scorso mese all’Onu della Commissione sullo stato delle donne dove per l’Italia era presente l’ottima sottosegretaria al Lavoro Teresa Bellanova, priva però di deleghe.

Tutto questo ci preoccupa non poco. Non siamo un Paese che ha raggiunto la piena parità e che quindi possa permettersi di fare a meno di qualcuno che si occupi di parità e pari opportunità.

E non è una questione di quote o di femminismo. Come ha ricordato la direttora del Fondo monetario internazionale, Christine Lagarde la scorsa settimana, incoraggiare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro “a parte ogni considerazione di progresso sociale, potrebbe avere effetti benefici sulla produzione di reddito aggiuntivo e, quindi, sull’uscita da un periodo di stagnazione”.

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