Faccio il medico da più di trent’anni e mi occupo di sanità sociale, come mi piace chiamarla, da più di dieci. Ho sempre avuto un buon rapporto con i miei pazienti. Chi si fida e si affida mettendo in mano la cosa più importante che ha, la salute, deve essere rispettato e aiutato senza compromessi e con massima attenzione dimenticando i problemi personali per poter, in serenità, risolvere quelli degli altri. Ascoltare è la prima parola che mi viene in mente durante una visita. Seguita da ragionare, spiegare e decidere.
Negli ultimi quindici anni la sanità “commerciale” ha preso il largo. Le aziende sanitarie hanno sostituito gli ospedali trasformando i pazienti spesso in clienti. I medici di base sono stati posti come controllori, dallo Stato, delle prestazioni erogate e dei farmaci prescritti perdendo quel rapporto indispensabile che si dovrebbe creare fra la medicina del territorio e i cittadini. La sanità vera, onesta, altruistica spesso resta in porto relegata a medici che stanno diventando vecchi. Occorre cambiare la sanità ora altrimenti diverrà un rapporto esclusivamente commerciale.
In questo meccanismo, che i medici hanno assecondato, si inserisce a vario titolo la medicina difensiva, vera piaga, secondo me, della sanità. Il costo sociale della medicina difensiva è stato stimato in più di dieci miliardi di euro, dati 2012, su un totale di spesa pubblica annua per la sanità di circa 112 miliardi di euro. Il costo sociale dello “star bene” è almeno di altri due miliardi di euro più alto per la spesa, in termine di ricaduta sociale, di visite, esami, farmaci ed interventi che “obbligatoriamente” vengono fatti privatamente per l’impossibilità relativa di eseguirli con il sistema sanitario a volte in ritardo enorme rispetto alle esigenze di tempo. Questo costo sociale diminuirebbe senza la medicina difensiva e le aziende sanitarie che “impongono” una sanità non necessaria, che ruba tempo a quella indispensabile, che si rivolge al privato e, prossimamente, emigrerà verso l’estero.
Per spazzare via velocemente questi dodici miliardi di euro di spesa, che non crea salute ma profitto, basterebbe che i medici ritornassero a curare le persone prima delle malattie e che fosse attuato un sistema di controlli adeguato che possa servire da garante per primo al paziente e, subito dopo, al medico. Un sistema di controllo proprio sui pazienti e non sulle cartelle cliniche associato a una sanità “on-line”, ma nelle mani del paziente, unico proprietario esclusivo e “controllore” dei suoi dati sanitari.
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