Il 24 marzo del 1944 i nazisti sterminavano alle Fosse Ardeatine 335 persone che avevano il solo torto di essere ebrei, comunisti, antifascisti, civili e militari, prelevati dal carcere e ammazzati in segno di rappresaglia contro la lotta partigiana e di liberazione nazionale.

In questi ultimi anni ci è stato spesso spiegato che forse sarebbe stato meglio non insistere troppo con la memoria di quei giorni, anche per non disturbare i non pochi post fascisti che, nel frattempo, si erano riciclati dentro e fuori i governi del fu cavaliere.

Del resto la cancellazione della memoria è la premessa per rendere tutti uguali e per spianare la strada ad epigoni e squallidi imitatori.
Così le scritte neonaziste, le svastiche alla Sinagoga le teste di porco davanti alla casa del rabbino, le Alba Dorata in Grecia, i gemellaggi tra camerati greci e italiani, gli striscioni antisemiti e razzisti nelle curve degli stadi, il revisionismo più bieco, per citare solo qualche esempio, trovano terreno fertile tra una strizzata d’occhio a destra e magari una sottovalutazione a sinistra.

Per questo, a 70 anni da quello e da altri massacri, ci sembra giusto ricordare, non solo per onorare i martiri di allora, ma anche per stimolare noi tutti alla vigilanza e alla prevenzione culturale, civile, politica. Quei nomi non vanno dimenticati. Alla loro memoria e al futuro dei piú giovani vogliamo dedicare questa straordinaria poesia civile composta da Piero Calamandrei per rispondere al boia Kesselring.

Costui era stato il comandante delle forze di occupazione nazista in Italia.
Condannato all’ergastolo, dopo soli 8 anni veniva liberato, tornava in Germania, si autocelebrava e chiedeva agli italiani di dedicargli un monumento. Calamandrei, uomo straordinario, realizzò il più bel “monumento” immaginabile per il massacratore Kesselring

“Lo avrai
camerata Kesselring
il monumento che pretendi da noi italiani
ma con che pietra si costruirà
a deciderlo tocca a noi.

Non coi sassi affumicati
dei borghi inermi straziati dal tuo sterminio
non colla terra dei cimiteri
dove i nostri compagni giovinetti
riposano in serenità
non colla neve inviolata delle montagne
che per due inverni ti sfidarono
non colla primavera di queste valli
che ti videro fuggire.

Ma soltanto col silenzio del torturati
più duro d’ogni macigno
soltanto con la roccia di questo patto
giurato fra uomini liberi
che volontari si adunarono
per dignità e non per odio
decisi a riscattare
la vergogna e il terrore del mondo.

Su queste strade se vorrai tornare
ai nostri posti ci ritroverai
morti e vivi collo stesso impegno
popolo serrato intorno al monumento
che si chiama
ora e sempre

Resistenza”

(Piero Calamandrei)

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