C’erano una volta, e ci sono ancora, le abolizioniste della prostituzione. Le trovi nella Women Lobby europea e dal 2012 si muovono per convincere i deputati del parlamento europeo che la prostituzione, tutta, è violenza contro le donne e che l’unica via di salvezza sia quella di disincentivare il business punendo i clienti. Accoglie questa tesi il Comitato per la parità di genere e i diritti delle donne (FEMM). E’ la deputata laburista inglese Mary Honeyball a ottenere che la Commissione FEMM abbia perciò la responsabilità di preparare una relazione sulla materia da consegnare all’attenzione dei deputati. A coordinare il lavoro di ricerca viene chiamata la sociologa Daniela Danna, esperta in materia di politiche sulla prostituzione e la violenza sulle donne, la quale però abbandona l’incarico dopo aver compiuto parte del lavoro. Secondo quanto dichiara alla rivista norvegese Minerva, quel che veniva fuori dalla ricerca demoliva la tesi preconcetta della Commissione secondo la quale tratta e prostituzione per scelta sarebbero la stessa cosa. I membri della commissione avrebbero invece preteso che la ricerca supportasse la dimostrazione della loro tesi. 

Infine, la relazione otterrà la sua ricerca a supporto. Il rapporto Honeyball viene approvato dal comitato FEMM a fine gennaio.Un mese dopo ecco che quel rapporto viene discusso e votato, e nel caso in cui il parlamento lo accogliesse si tradurrebbe in una risoluzione indicativa per tutti gli stati membri. Tutti gli Stati membri dovrebbero tenerne conto e adeguarsi al modello svedese ritenuto un efficace strumento deterrente della prostituzione. Gli studi e i dati che le centinaia di organizzazioni (560), ricercatori, docenti, associazioni, hanno inviato presso il Parlamento europeo, però non concordano affatto con queste conclusioni, anzi chiariscono che penalizzare il cliente significa comunque marginalizzare, isolare, rendere più vulnerabile la sex worker che sarà obbligata a lavorare in clandestinità. Le ricerche presentate a supporto di una petizione sottoscritta da moltissime soggettività rappresentative dei/delle sex workers in tutta l’Europa, dimostrano che quello è il modo migliore per obbligare una sex workers a ripararsi sotto l’ombrello ricattatorio e violento dello sfruttamento. Altra conseguenza di cui parlano varie Ong che si occupano di prevenzione dell’Hiv è che più è alta la clandestinità e più è probabile il fatto che le sex workers non possano accedere agli adeguati controlli sanitari preventivi fondamentali in termini di salute pubblica

Le organizzazioni di sex workers non fanno che ripetere che è necessario ascoltarle e per tutta risposta, questo è quello che il network europeo dei/delle sex workers sta discutendo attualmente, pare che la deputata Honeyball abbia fatto circolare una mail tra tutti i deputati con la quale chiedeva che non prendessero in considerazione il parere e le moltissime e documentate ricerche presentate dalle organizzazioni dei/delle sex workers perché in una testimonianza una ex prostituta avrebbe affermato che quelle organizzazioni sarebbero colluse con i papponi.

Durissima la risposta da parte delle associazioni che hanno immediatamente inviato una comunicazione ai parlamentari

Luca Stevenson, coordinatore del International Committee on the Rights of Sex Workers in Europe, network di 59 organizzazioni in 28 paesi dell’Europa, tra le altre cose così scrive: “Riteniamo sia grave squalificare le voci di coloro che non condividono la sua ideologia definendoli come “protettori”. Se la sua relazione si fosse basata su prove e sull’esperienza di chi lavora con i/le sex workers e le vittime di tratta invece che sulla sua ideologia personale, lei non avrebbe avuto bisogno di ricorrere a questa accusa indegna contro centinaia di organizzazioni, accademici e altri professionisti – per il solo fatto che non sono d’accordo con le sue opinioni. (…)”

I/le sex workers si dicono scioccati e proseguono: “Non ci saremmo mai aspettati che – per mancanza di argomenti – un rappresentante del Parlamento europeo avrebbe potuto abbassarsi ad attaccare l’integrità, la professionalità e il buon nome di una vasta rappresentanza della società civile in Europa.” 

Quanto si decide in Parlamento europeo sembrerebbe dunque non solo frutto di una precisa visione ideologica ma si intende calarla dall’alto senza ascoltare i soggetti sulla cui pelle si pretende di assumere decisioni, anzi, delegittimandoli affinché prevalga quella tesi. Analogo disconoscimento dei soggetti, d’altronde, è avvenuto in Francia in occasione dell’approvazione della legge francese che penalizza i clienti.

Eccolo quel femminismo abolizionista che sembra impegnato in una guerra di religione. Chiedo: che differenza c’è tra una antiabortista e una abolizionista della prostituzione? Forse nessuna. Entrambe hanno problemi a rispettare la libertà di scelta delle donne. Che deputati e deputate europee agiscano con buon senso. Si spera.

Articolo Precedente

Intolleranza al buio

next
Articolo Successivo

Figli, siamo più felici senza?

next