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Electrolux, i sindacati rifiutano i tagli. Bruxelles: “Preoccupati per gli esuberi”

Fim, Fiom e Uilm "rigettano completamente" il piano avanzato dall'azienda per mantenere la produzione in Italia: "Abbiamo bisogno del tavolo ministeriale per cominciare a discutere". Chiesto l'intervento di Governo e Regioni per uscire dalla crisi
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I sindacati metalmeccanici FimFiom e Uilm “rigettano completamente” il piano di tagli avanzato da Electrolux per mantenere la produzione in Italia. E’ la posizione espressa al termine del coordinamento sindacale unitario sull’azienda a Mestre. “Abbiamo bisogno del tavolo ministeriale per cominciare a discutere – ha detto Maurizio Geron della Fim Cisl – ma tutti, Regioni e governo, devono mettere qualcosa. Non possono essere solo i lavoratori, che hanno già dato fin troppo”.

I sindacati in sostanza, ha spiegato Geron, vogliono capire che cosa sono disposte a mettere concretamente, al di là della disponibilità, le Regioni nei cui territori si trovano le fabbriche di Electrolux, e allo stesso modo qual è il contributo del governo. “Per questo abbiamo bisogno del tavolo ministeriale, convocato per il 17 al Mise, per cominciare a discutere”, ha proseguito il sindacalista. “La cosa certa è che non siamo disposti ad accettare tagli occupazionali o del salario”.

“Non è pensabile alcuna operazione di Electrolux che contempli la chiusura di uno qualsiasi, non solo Porcia, degli stabilimenti in Italia”, ha aggiunto, “perché anche una sola chiusura metterebbe in discussione la presenza degli altri stabilimenti”. Il coordinamento sindacale di Mestre non ha sortito invece decisioni su nuove eventuali mobilitazioni, che potrebbero essere discusse domani.

Anche la Commissione Ue, intanto, mostra preoccupazione per il rischio esuberi. “La Commissione è molto preoccupata delle possibili conseguenze sociali ed economiche derivanti dagli esuberi nelle fabbriche di Electrolux in Italia”, ha detto all’Agi Jonathan Todd, portavoce del commissario Ue agli affari sociali, Lazslo Andor, sottolineando però che “la Commissione non si oppone in principio ai trasferimenti degli stabilimenti di produzione, visto che le aziende dovrebbero essere libere di scegliere i luoghi di produzione in base ai loro specifici modelli economici e all’evoluzione delle condizioni di mercato”.

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