Psicoanalista junghiano, Luigi Zoja ha una particolare attenzione per le vicende sociali, politiche ed economiche anche per i suoi studi. Nel suo ultimo libro Utopie Minimaliste, ha scritto: “Esiste un altro mondo possibile. Non nella fantascienza della propaganda, ma nella realtà. Non nella criminale esaltazione del farsi massa, ma nei compromessi di una anti-eroica realtà economica”.

L’impressione è che si sia radicato sempre più all’estero un giudizio negativo sul nostro paese. Lei pensa che l’Italia sia un paese poco serio?

Sono stato a Francoforte alla Buchmesse, la Fiera Internazionale del Libro, ho letto diversi articoli in inglese e in tedesco sulla crisi dell’Italia: sottolineavano il fatto che una ventina d’anni fa il Padiglione Italiano era il centro dell’interesse, sembrava che, soprattutto nella narrativa, vi fosse una nuova ondata molto interessante, adesso invece si registra un disarmo e una depressione. Non si capisce se sia nell’editoria o negli autori e se uno influenzi l’altro. Si direbbe che c’è un circolo vizioso che porta ad una rassegnazione. Non credo però che l’Italia sia necessariamente un paese poco serio. Se dobbiamo usare un’espressione clinica direi che è un paese depresso. In economia, per esempio, la famosa piccola-media industria non ha equivalenti in Europa e nel mondo. Ci sono i tedeschi con il Mittelstand, l’industria media, ma da noi c’è un’industria di nicchia con prodotti di qualità insuperabile, di grande creatività, con una capacità lavorativa che non ha uguali, basti pensare al miracolo del Nord-Est. Ma tutta l’Italia è così perché anche il sud ha dei gioielli anche se lì, a causa del tessuto sociale, tutto è più difficile. C’è, a mio giudizio, una frattura tra classe politica e classe dirigente in generale. Il nostro è un paese completamente sproporzionato: ha una quantità di persone di cultura, di intellettuali e di ceto produttivo di prim’ordine che non sono rappresentati.

La politica, dunque, è la causa dei molti mali italiani…

Beh, se hai un capo del governo che fa le corna durante gli incontri istituzionali europei … Dicono: cosa è questa mania dello spread? È semplicemente la percezione del rischio che si ha nell’acquistare i titoli di stato. Noi siamo nelle mani degli sceicchi e dei ricchi cinesi che possono acquistare titoli di tutti gli stati e che nel dubbio possono dire: non compero i titoli di un paese che ha un pagliaccio al governo.

Cosa pensa dei giovani italiani?

Esiste una nuova generazione critica che io ho denominato slow-culture ma è una realtà di cui non abbiamo un’immagine, proprio perché è nuova sotto tanti aspetti. Una generazione che si sente diversa non solo dalla massa post-ideologica attuale, ma anche dai movimenti ideologici degli anni ’60 e ’70. Sono tantissimi questi giovani che scrivono a mano anche se usano il computer, che vanno in bicicletta anche se hanno l’automobile. Molti hanno smesso con alcuni lavori da manager e hanno iniziato a lavorare, per esempio, per le Ong. Si vedono poco perché stanno in casa, leggono. Gli altri, più rumorosi, ricordano il movimento. Io sono dubbioso anche rispetto agli indignados perché se sei indignato vuol dire che sei un po’ paranoico: ‘tu non sei degno e io non dialogo con i politici’. Un po’ come il movimento di Grillo. Non si può fare sempre i puri e non dialogare con la politica. Jung ha detto una bella frase e cioè che chi vuole lavorare nel mondo non può farlo senza sporcarsi le mani.

Un suo celebre libro è Paranoia. Se non è la paranoia ci può, da psicanalista, dire di quale sindrome soffriamo?

Paranoia, per stare sul personaggio. Sarebbe però troppo comodo dire che Berlusconi è paranoico. Sicuramente avrà questi opinion maker, centomila avvocati, gente di marketing che gli dice quelle cavolate per cui un po’ ci crede ed è convinto di essere perfetto. Non vanno poi scordati motivi psicologici: lui ha sconfitto il cancro per cui si sente onnipotente. Gli ha fatto bene alla salute ma non dal punto di vista psicologico;  già si sentiva onnipotente e adesso ancora di più.  Un pochino forse si sente dio, un po’ ci marcia.

Questo per quanto riguarda Berlusconi, ma l’Italia?

Bisogna dire che nel nostro parlamento ci si prendeva a botte anche prima. Abbiamo un parlamento che si è caratterizzato per una mancanza di senso democratico; non possiamo prendercela solo con l’estrema destra perché ricordo che un tempo i democristiani e la sinistra, pur professandosi cattolici gli uni e pacifisti gli altri, ad un certo momento si menavano. Sulla Zeit ho letto un’analisi interessante sul male dell’Italia. La Zeit lo metteva in relazione a questa unità recente e un po’ fragile e metteva in rilievo la mancata integrazione tra nord e sud ma anche le altre mancate integrazioni come quelle di un dialogo tra laici e cattolici e tra destra e sinistra. Non esiste una dialettica moderna ma il solito accontentare tutti a pioggia. In effetti il debito che aumenta, sicuramente è colpa anche di Berlusconi che si è comprato i voti togliendo le tasse sulla casa. Il debito è passato al 130% in gran parte per responsabilità sua però se è passato al 130 dal 100, era già il debito più alto d’Europa perché neppure la Grecia lo aveva così. È vero che abbiamo un sud con un tipo di criminalità vistosissima e grave di cui tutta Europa si preoccupa però c’è in tutta la penisola un atteggiamento cripto-mafioso perché tutti si trovavano d’accordo nelle spartizioni.

La paranoia, quindi, è più dei politici che della gente …

Non penso sia tipicamente italiana. Io l’ho suddivisa in hard, cioè quella di Hitler e Stalin, e soft che può essere quella di Berlusconi o della Lega che se la prende con gli immigrati. La paranoia è il pensiero semplificato al massimo o l’anti-psicologia: una persona che non sa guardarsi dentro e attribuisce agli altri la colpa di tutto ciò che non funziona. Per lui il male è esterno. Penso che noi italiani siamo sempre stati tolleranti, aiutati anche dalla tradizione cattolica in questo migliore di quella protestante. Il problema è che la classe politica, non sapendo governare, ricorre più che in altri paesi a questi meccanismi mentali semplificatori. L’italiano medio, in sé, non mi sembra appartenga a questa categoria.

Lei ha scritto che “Il brutto è immorale”. L’Italia è considerata, giustamente, uno dei paesi più belli del mondo ma per ciò che è stato fatto nel passato. Cosa è accaduto ad un certo punto per cui il brutto e la volgarità sembrano essere ciò che contraddistingue il paese.

Il brutto è immorale nel senso che dove abbiamo una brutta edilizia è perché c’è stata la speculazione. La volgarità? Stavamo parlando di quella di Berlusconi con le corna. Anche quella è una “speculazione” perché lui fa i gesti come le corna per acquistarsi la simpatia della gente. Secondo me c’è una degenerazione di tutto l’Occidente e l’Italia è soltanto uno dei paesi che si è involgarito e instupidito più rapidamente. È un fenomeno generale ma da noi è più rapido perché in altri paesi come, per esempio, la Francia ci sono la scuola, le tradizioni, leggono di più. 

Nonostante le inchieste della magistratura, la corruzione sembra un cancro inestirpabile. 

C’è la grande corruzione e siamo guardati con sospetto dal resto dell’Europa. Chi gliela toglie questa impressione se abbiamo avuto per due decenni la politica dominata da un signore che non si riesce a condannare? Adesso è stato condannato ma dopo decenni. Ricordo che l’Economist ha fatto numeri apposta sul caso Berlusconi. Ciò vuol dire che siamo impresentabili.

Nel suo ultimo libro Utopie minimaliste, lei parla a lungo del massimalismo che ha caratterizzato il Novecento. Quanto paga, nello specifico, l’Italia alle utopie del secolo scorso?

Penso paghi molto. Ricorda la teoria del ‘bipartitismo imperfetto’? Prima abbiamo avuto una sinistra forte ma anche quando poteva diventare maggioritaria era inaccettabile agli alleati occidentali perché prevalentemente marxista. Poi abbiamo avuto una destra che non è accettata dagli alleati per motivi detti proprio poco fa. Abbiamo un bipartitismo zoppicante.

 

 

 

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