Ai tempi di Spotify, Youtube, Deezer, dei social network, del filesharing e dello scaricamento selvaggio, ha senso stare ancora a discutere delle programmazioni musicali delle radio, un tempo nate libere e oggi considerate solo come “radio commerciali”?  (fattore questo che, per varie esigenze, ha livellato lo standard verso i gusti musicali più comuni e ha allontanato ogni velleità di sperimentazione). A giudicare dai dati pubblicati direttamente dalla Siae, all’interno del documento annuale Rapporto Musica e dalle cifre che compaiono in bilancio sembra proprio di sì, un senso ce l’ha. E proprio questi numeri saranno al centro del dibattito previsto il 24 novembre a Pistoia in occasione dell’evento organizzato dal Mei (Meeting delle etichette indipendenti), il “PoPistoia”. Un convegno sugli Stati Generali della Musica Indipendente e sul tema del Sostegno alla Nuova Musica Italiana attraverso l’introduzione di quote a favore della musica italiana e degli esordienti nei network nazionali tv e radio pubblici e privati. Verrà illustrato inoltre il progetto “Amici Della Musica” con cui si invita il ministro dei Beni culturali, Massimo Bray, a intervenire sul nuovo contratto di servizio Stato-Rai, al fine di aumentare la percentuale di musica italiana trasmessa nei palinsesti al 40 per cento del totale, da estendere anche sui grandi network radio e tv privati. Lo scopo è quello di fare conoscere la realtà indipendente ed emergente della nuova musica italiana, una realtà cancellata dai grandi media che attraverso la proposta della solita musica pop non racconta più le storie di vita (e difficoltà) quotidiana dei giovani d’oggi.

Ma cerchiamo di dare un valore economico a queste percentuali, per capire quanto il Made in Italy Musicale potrebbe guadagnare in più dall’aumento delle quote azzurre in radio proposte da Amici della Musica (una quota fissa del 40 per cento di produzioni italiane). Intanto è bene sapere che la percentuale – prodotta da Musica & Dischi – su quanta musica straniera viene trasmessa dalle radio è del 78 per cento. Per calcolare quanto vale questa percentuale in milioni di euro ci siamo basati sui dati pubblicati direttamente dalla Siae all’interno del documento annuale Rapporto Musica (attualmente è disponibile solo quello relativo al 2011). Nella Tabella 3 troviamo “l’incasso lordo per diritti d’autore effettuato dalla Sezione Musica nell’anno 2011” e nella sezione Classe III quello relativo alle Emittenze radiofoniche e televisive:

  • Emittenza radiofonica nazionale: 11.54 milioni

  • Emittenti radiofoniche locali: 3.23 milioni
    Totale: 14.77 milioni di euro

Aggiungiamo 0,82 milioni derivati dai diritti di registrazione (rubricati nella classe V), e arriviamo così a 15,59 milioni di euro nel 2011.
Sempre dal documento viene dichiarato che nel 2011 la provvigione trattenuta dalla Siae, sulla classe III – diffusione radiofonica e televisiva – è del 14 per cento, e sempre del 14 per cento è la percentuale trattenuta sui diritti di registrazione (anticipiamo che dal 2013 la provvigione scenderà di mezzo punto). Togliendo questa percentuale dai 15,59 mln (il 14 per cento vale 2,18 mln) si arriva a 13,41 milioni, ossia la somma che è stata ripartita tra gli aventi diritto: autori ed editori. I dati pubblicati su Musica & Dischi, per quanto riguarda la Radio Top50 degli ultimi 3 mesi, dicono che i brani stranieri inseriti nei palinsesti sono il 78 per cento del totale, mentre gli italiani solo rappresentati con il 22 per cento.

Facendo un calcolo in euro secondo i compensi Siae si arriva a queste somme:

  • Valore brani stranieri: 10,46 milioni (78 per cento)

  • Valore brani italiani: 2,95 milioni (22 per cento)

E questo è solo il conto della radio. Passiamo alla Tv, dove le cifre sono ancora più interessanti. A pagina 18 del documento troviamo le note di commento agli incassi del 2011 ordinati per categoria. Nel capitolo Emittenza Televisiva leggiamo: “Complessivamente la raccolta di diritti presso le emittenti televisive […] ha reso nel 2011 l’importo lordo di 111.186.902”. Anche in questo caso togliamo il 14 per cento di provvigione trattenuta dalla Siae (15.566.166,28 euro) portando così la somma destinata agli aventi diritto a 95.620.735,72 euro.

La proposta dal progetto Amici della Musica è quella di inserire il 40 per cento di ‘musica italiana prodotta in Italia’ all’interno dei programmi Radio e Tv. Secondo questa proposta l’azienda musicale italiana riceverebbe un netto aumento in termini di capitali, evitando così che milioni di euro si volatizzino all’estero. Ma facciamo i conti in soldoni, e di veri soldoni stiamo parlando. Ecco come si potrebbe trasformare il panorama adottando il 40 per cento delle quote azzurre in Radio, sempre facendo riferimento ai dati 2011:

  • Valore brani stranieri: 8,05 milioni

  • Valore brani italiani: 5,36 milioni (+2.41 milioni rispetto alla normale gestione, l’82 per cento in più)

Per dare un’idea, il TaxCredit del ministro Bray prevede uno sgravio fiscale per le prime e seconde opere di 4.5 milioni di euro. In questo caso, invece, i 5.36 milioni sarebbero di incasso.
Passiamo alla Tv, sempre ipotizzando le quote azzurre al 40 per cento (aggiungiamo però che i dati di Musica & Dischi non riguardano la musica italiana in Tv, dove di solito il nostro repertorio è presente in percentuali maggiori) su un totale di 95.62 milioni di Euro:

  • Valore brani stranieri: 57,37 milioni

  • Valore brani italiani: 38,25 milioni

In un anno, potenzialmente, l’industria italiana potrebbe guadagnare solo di Siae ben 43,61 milioni di euro (i 38,25 della Tv più i 5,36 della Radio). A queste cifre andrebbero aggiunte tutte quelle derivate dall’indotto: aumento dei concerti, aumento delle vendite di musica italiana, maggiore attenzione alle opere prime e seconde, maggior stimolo da parte di etichette indipendenti nel lanciare artisti di nicchia e permettere quindi una crescita culturale e professionale (della seconda c’è tanto bisogno).

L’idea di imporre delle quote è sempre sconveniente, perché evidenzia un’arretratezza culturale nel concetto di auto regolamentazione; ma dobbiamo pensare all’Italia come a un paese del terzo mondo che vuole nuovamente emergere, e a volte le imposizioni sono necessarie. Soprattutto quando possono permettere alle aziende e artisti italiani di ottenere, a costo zero per lo Stato, un ingresso di capitali pari a 43,61 milioni di euro.

Di Fabrizio Galassi e Pasquale Rinaldis

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