Amanda fu il mio primo amore”, “Non sono un assassino spietato”. Raffale Sollecito, imputato nel processo d’appello bis per l’omicidio di Meredith Kercher, ai giudici proclama ancora la sua innocenza. “Sento nei miei confronti una persecuzione allucinante, senza senso – dice durante dichiarazioni spontanee -. Mi hanno descritto come un assassino spiegato, non sono niente di tutto questo. Al momento io una vita reale non ce l’ho”. L’ex studente di economia ha chiesto ai giudici di “correggere gli errori” commessi da chi lo ha condannato. “Non mi è mai piaciuto l’alcool e non andavo alle feste, anche se mi sono fatto qualche spinello, questo non ha cambiato la mia personalità”. “Quando avevamo 20 anni – continua riferendosi ad Amanda Knox che invece è rimasta negli Usa – c’era tutto nella nostra mente fuorché una visione di disprezzo dell’essere umano come ci descrive chi ci accusa. Anche io come la mia famiglia,sono sempre stato una persona onesta. Sono cresciuto in una famiglia italiana, per bene, che mi ha insegnato il massimo rispetto dei valori. La mia famiglia non ha mai avuto problemi con la giustizia”.

Raffaele e Amanda, coinquilina della giovane inglese uccisa a Perugia la notte di Halloween del 2007, sono stati condannati in primo grado rispettivamente a 26 e 25 anni di carcere ma assolti in appello nel 2011. La Corte di Cassazione, però, a marzo ha annullato le sentenze di assoluzione e ha deciso di rinviare Sollecito e Knox davanti alla Corte d’Assise d’appello. Dopo l’assoluzione in secondo grado, Amanda è tornata negli Stati Uniti e non è tornata in Italia per la riapertura del processo. Per i supremi giudici il movente del delitto fu “un gioco erotico finito male”. 

“Sono stato portato in carcere per una impronta di scarpa nel sangue, ma la tesi è stata sbugiardata da un’altra perizia molto più precisa” continua Sollecito ripercorrendo tutte le prove presentate dagli investigatori contro di lui. “Sono stato arrestato – spiega – per un coltellino a serramanico che avevo ma era solo un’illusione. Non era l’arma del delitto e anche questo è stato sbugiardado. Io non ho mai conosciuto Rudy Guede (condanna definitiva a 16 anni), non ci siamo mai incontrati in vita nostra. E anche i testimoni che ha portato chi mi accusava si sono rivelati dei mitomani e sono stati sbugiardati”.  

La corte oggi ha ascoltato gli esperti sui risultati di una perizia sulla traccia di Dna trovata sul coltello ritenuto l’arma delitto. Quella traccia trovata fra l’impugnatura e la lama del coltello sequestrato in casa di Raffaele Sollecito ha “notevoli affinità” con il profilo genetico di Amanda Knox. Secondo il perito del Ris: “Supportiamo fortemente che il profilo genetico di Amanda sia presente nella traccia”. La difesa ha sempre ricordato che venne sequestrato in casa di Sollecito, all’epoca fidanzato di Amanda e che, quindi, è normale che sia stato usato dall’imputata. A riprova dell’esito della perizia, ha ricordato il perito, ci sono gli esiti dei confronti fra la traccia e i profili genetici di Sollecito, Guende e Meredith, dai quali sono emerse “evidenti discordanze”.

“La perizia ha confermato quello che noi sosteniamo da sempre e cioè che quel coltello è stato nelle mani di Amanda Knox. Penso che la Corte di Firenze abbia tutti gli elementi per decidere in assoluta serenità” dice l’avvocato Francesco Maresca, legale della famiglia di Meredith Kercher. Ai cronisti che gli chiedevano chiarimenti sul fatto che dalla nuova perizia non risulterebbero tracce genetiche riconducibili a Mez, il legale risponde: “Questo è un elemento che discuteremo. Per noi il profilo genetico della vittima c’è ed era stato trovato dalla polizia scientifica di Roma”. 

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