L’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche ha già controllato 11 siti  identificati da Damasco come parte del suo programma di armi chimiche e distrutto materiale per la produzione degli armamenti proibiti in sei di questi. E’ quanto comunica la stessa Organizzazione, a cui la scorsa settimana è stato assegnato il Nobel per la pace, in una nota. Il team composto da esperti dell’Opac e personale delle Nazioni unite ha inoltre sorvegliato la distruzione di munizioni per armi chimiche non caricate, riducendo ulteriormente l’abilità del regime del presidente Bashar Assad di usare gas nervini nella guerra civile in corso. Una settimana fa gli ispettori avevano visitato soltanto due siti, quindi l’ultimo aggiornamento segna una significativa accelerazione nel lavoro del team.

Nei giorni scorsi, in un’intervista alla Bbc, Ahmet Uzumcu, direttore generale della stessa Opac, ha  fatto appello a un cessate il fuoco almeno locale e a breve termine per permettere agli esperti sul posto di lavorare. Uzumcu ha detto che i funzionari siriani stanno cooperando e facilitando il lavoro degli esperti dell’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche. Le difficoltà degli ispettori sono legate al fatto che le strade verso alcuni siti attraversano i territori sotto controllo dell’opposizione e questo impedisce l’accesso. “Cambiano mano da un giorno all’altro ed è per questo che facciamo appello a tutte le parti in Siria a sostenere la missione, a essere cooperative e a non rendere questa missione più difficile. È già una sfida“, ha aggiunto il direttore Opac nell’intervista alla Bbc.

La missione degli ispettori in Siria si svolge in condizioni difficili, mentre in Siria prosegue senza tregua la guerra civile. La violenza contro i civili continua. Il 16 settembre almeno 21 persone, di cui quattro bambini e sei donne, sono morte a causa di una forte esplosione nella provincia di Deraa, nel sud della Siria, dove è distaccato un battaglione dell’Esercito. L’ha riferito la Ong Osservatorio siriano dei diritti umani. Al momento dell’esplosione le vittime viaggiavano su un furgone. L’automezzo, sempre secondo gli attivisti, è esploso nella città meridionale di Noa, al passaggio su una mina piazzata dalle forze fedeli al presidente Bashar al Assad. Il governo finora non ha commentato l’attentato. Dall’inizio del conflitto in Siria sono state uccise più di 100mila persone

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