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Crisi finanziarie e pregiudizi ideologici

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Molti economisti hanno interpretato la crisi del 2008 attraverso il pregiudizio ideologico secondo cui la crisi finanziaria è stata innescata da cause del tutto imprevedibili, il fallimento della Lehman Brothers, ma, giacché, i mercati liberi tendono alla stabilità, non ci sarebbero state ripercussioni sull’economia reale. Questa interpretazione, che ha influenzato l’opinione pubblica e le successive scelte politiche, è originata da convinzioni teoriche secondo cui i mercati deregolati dovrebbero essere efficienti e gli agenti razionali dovrebbero aggiustare velocemente ogni prezzo non completamente corretto e ogni errore di valutazione. Il prezzo dovrebbe dunque fedelmente riflettere la sottostante realtà e assicurare l’allocazione ottimale delle risorse. Questi mercati “equilibrati” dovrebbero essere stabili: perciò le crisi possono essere innescate solo da grandi perturbazioni esogene come gli uragani, i terremoti o sconvolgimenti politici, ma certo non causate dal mercato stesso.

Questi pregiudizi teorici sono originati da un’eccessiva semplificazione del problema in cui l’idealizzazione non è solo dissimile dalla realtà, ma, in effetti, è completamente irrilevante alla sua comprensione. I fisici che si occupano di complessità studiano da una ventina d’anni sistemi che mostrano comportamenti intermittenti molto simili a quelli dei mercati finanziari, in cui la natura non banale delle dinamiche si origina da effetti collettivi. Le singole parti hanno un comportamento relativamente semplice, ma le interazioni portano a nuovi fenomeni emergenti così che il comportamento dell’insieme è fondamentalmente diverso da quello dei suoi costituenti elementari. Anche se uno stato di equilibrio esiste in teoria, questo può essere totalmente irrilevante in pratica, perché il tempo per raggiungerlo è troppo lungo e perché questi sistemi possono essere intrinsecamente fragili rispetto all’azione delle piccole perturbazioni evolvendo in modo intermittente con un susseguirsi di epoche stabili intervallate da cambiamenti rapidi e imprevedibili. Per questo finché non s’interverrà sulla regolamentazione dei mercati finanziari, ovvero sulle cause endogene delle crisi, e sui preconcetti teorici alla base dell’ineffabile equilibrio dei mercati liberi, altre crisi come quella di cinque anni fa si potranno ripetere senza alcun preavviso.

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