Ancora una volta dissento. La cosa grave, però, è che non condivido quelli che la pensano come me.

Mi riferisco all’ondata di attacchi, insulti e invettive contro lo spot dell’Enel “Guerrieri”. Immagino lo conosciate tutti: “Siamo i guerrieri dei posti in piedi, siamo i guerrieri delle tangenziali, delle scartoffie, siamo i guerrieri del lavoro… Vincere è possibile se lottiamo insieme”. Come riassume bene l’Unità, l’enorme polemica contro l’operatore elettrico ha riguardato la questione ambientale e sindacale (“quelli che ogni giorno, nei territori, si battono contro le centrali a carbone di Enel”, oppure “quelli che devono pagare la bolletta più cara d’Europa e sono in cassa integrazione”).

Tra i feroci oppositori anche il collettivo di scrittori Wu Ming (“il più clamoroso caso di eterogenesi dei fini nell-ancora breve storia del social media marketing italiano”) e Nandu Popu, cantante dei Sud Sound System (“Ogni mattina i guerrieri si svegliano e combattono contro il carbone”). Come si fa a non associarsi? Un messaggio sulla questione del carbone (ancora colpevolmente bruciato dalla centrale di La Spezia, dove vivo) l’ho mandato anche io che solidarizzo con il comitato di spezzini (e non solo) che lotta da anni sul tema. Ma c’è molto altro in quello spot. Ed è più grave. Grave come il fatto che nessuno se ne sia indignato.

Il colosso pubblicitario Saatchi&Saatchi, seguito ottusamente dalla società elettrica, rappresenta tutti noi come epici guerrieri, emblematici resistenti di una società di eroi, gente che non molla, che stringe i denti ma va avanti. Ma avanti dove? Guerrieri di cosa? Eroi di quale resistenza? Contro chi? “Vincere è possibile se lottiamo insieme” ma vincere cosa? Ma di cosa stanno straparlando gli acuti copywriter Saatchi&Enel? Sono forse stati tolti dall’ibernazione e pensano di vivere ancora negli Anni ’90?!

Parlano di tenere duro, di continuare a stare dentro questo sistema che ci sfrutta, ci omogeneizza, ci aliena, ma di sentirci eroi. Tentano di dare una connotazione epica al traffico, alle scartoffie, alla schiavitù del lavoro, alla crescita che deve riprendere, ai consumi che devono tornare a salire. Vogliono dipingere noi come miliziani che combattono per una giusta causa, e non come le automatiche bestie da soma che siamo, vittime delle tasse, tenuti sotto schiaffo dalla minaccia di licenziamento, noi che viviamo col peso sul cuore delle responsabilità, della burocrazia, della malavita, del malaffare, della politica truffatrice e cialtrona, dei disservizi, dei consumi effimeri che altri pubblicitari ci impongono come inevitabili. Vogliono tentare di abbellire il lavoro dello schiavo, renderglielo più digeribile, trasformare un potenziale rivoltoso anticonsumista e anticapitalista in un partigiano del sistema del consumo e dello sfruttamento. “Sei uno che muore una vita intera tra le scartoffie, o nel traffico? No! Sii felice, sei un eroe che tiene in piedi il Paese! Sei un martire! Fatti saltare in aria se serve, sarai morto per una giusta causa!”.

Ecco il vero obiettivo dello spot: farci digerire l’indigeribile. E il suo effetto immediato è quello di una tragica presa per il culo. Ecco perché dissento dalla marea di critiche che ha sepolto l’Enel. Non perché non siano giuste e condivisibili, ma perché c’è ben altro di cui indignarsi. Qualcosa di molto più grave di una centrale che inquina, per quanto grave e inaccettabile sia il danno ambientale. Prima o poi, infatti, riusciremo a ricacciare in gola tutto quel carbone a chi ce lo brucia davanti a casa. E’ solo una questione di tempo. Ma una centrale si può spegnere, mentre la nostra vita sprecata, senza libertà, senza speranza, non si può recuperare.  

#noinonsiamoguerrieri

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