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Brics in affanno: una nuova crisi dopo la crisi?

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Mentre la società italiana in questi giorni sta venendo a conoscenza di una nuova categoria concettuale, quella della “incostituzionalità ad personam” delle leggi, dal mondo provengono notizie interessanti per la nostra penisola.

Si tratta delle crescenti difficoltà che stanno incontrando le economie dei paesi emergenti – i cd. Brics – sul sentiero della crescita e dello sviluppo.

Vale la pena evidenziare alcuni fenomeni comuni alle suddette economie che gli analisti finanziari stanno mettendo in risalto con sempre maggiore intensità. Il dato più rilevante è senza dubbio il rallentamento che il Pil di tali paesi sta registrando, dopo vari anni di imponente e costante crescita. Il calo del Pil si accompagna inoltre ad una crescita generale dei prezzi e dei tassi d’interesse, che stanno colpendo famiglie ed imprese.

Sempre secondo gli analisti finanziari, tale quadro è dovuto essenzialmente alle seguenti cause: in primo luogo agli squilibri esterni, cioè alla presenza di massicci deficit commerciali crescenti o di riduzione degli attivi; inoltre un peso rilevante assumono la scarsa produttività, l’elevata burocrazia, le scarse infrastrutture, l’elevata corruzione, la ridotta modernizzazione economica che contraddistingue tali economie.

Non vanno dimenticati altri eventi che concorrono ad aggravare le difficoltà economiche dei suddetti paesi: si fa riferimento alla fine dell’allentamento Fed e quindi del periodo del ”denaro a costo zero”; al rallentamento della Cina, dovuto ad un eccesso di investimenti che ha portato sovraccapacità produttiva e l’abbandono del modello basato sul binomio investimenti-export in favore della domanda interna; alla lunga crisi europea che ha condotto ad un crollo dell’export da tutto il mondo verso il vecchio continente.

La prima risposta che le banche centrali dei predetti paesi stanno dando è stata una massiccia svalutazione monetaria. Infine per difendere la valuta e minimizzare il deflusso dei capitali si è finito altresì per giungere ad una riduzione delle riserve valutarie nazionali.

Cosa vuol dire tutto questo? In molti sostengono che i Brics e i paesi limitrofi stanno sprofondando in un profonda crisi finanziaria. E’ ormai ricorrente l’affermazione secondo cui i danni dell’aumento dei tassi e il conseguente blocco della trasmissione del credito potrebbero trasformare in poche settimane i problemi della finanza in quelli dell’economia reale.

Particolarmente significativa è la situazione dell’India: Reuters riferisce che il governo indiano sta studiando misure eccezionali per “convincere” i cittadini indiani a vendere il proprio oro e accettare Rupie; in particolare le banche offriranno un notevole premio all’oro fisico spontaneamente consegnato ai cittadini. L’India è considerata una economia “calda” che potrebbe agire da detonatore di una imminente (e ulteriore) crisi finanziaria mondiale.

Inutile evidenziare la rilevanza della situazione per l’economia italiana ed europea: di fronte ad un calo costante dei consumi, al crollo degli investimenti imprenditoriali e al continuo taglio della spesa pubblica, l’export rappresenta l’unico reale fattore che sta sorreggendo l’economia italiana.

La sua diminuzione potrebbe produrre gravi conseguenze sulla tenuta dell’economia italiana, già peraltro fortemente compromessa dai recenti avvenimenti.

E mentre il Governo vede miraggi di ripresa, il Parlamento italiano è completamente assorbito dalla incostituzionalità “improvvisa” di leggi votate pochi mesi prima. Un Parlamento degno di questo nome dovrebbe invece preoccuparsi della salute e della felicità dei suoi cittadini. Ma è chiaro che si tratta – purtroppo – solo di una triste utopia.

Valerio Medaglia

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