La tensione cresce. In Siria e fuori. Usa e Gran Bretagna – anche se la Casa Bianca smentisce – valutano a breve un’azione militare e la missione degli ispettori dell’Onu impegnati a verificare l’utilizzo di armi chimiche, nella zona colpita da un ttacco chimico che ha fatto circa 1.300 vittime, inizia sotto il segno del piombo. Alcuni “cecchini” hanno sparato ripetutamente contro una vettura del personale delle Nazioni Unite. Secondo Martin Nesirky, portavoce dell’Onu citato dalla tv satellitare al-Jazeera, gli esperti hanno dovuto interrompere la loro ispezione. L’incidente, che non ha fatto vittime, è avvenuto a Madmiyah, uno dei sobborghi di Damasco dove gli ispettori effettuavano oggi un sopralluogo, dopo le denunce sull’uso di armi chimiche arrivate la scorsa settimana dai ribelli. Intanto tre civili sono rimasti feriti, tra cui una madre e il suo bambino, quando tre proiettili di mortaio lanciati dai ribelli sono caduti sul centro di Damasco. 

La decisione è attesa nelle prossime ore: l’azione militare in Siria di statunitensi e britannici potrebbe partire già la settimana prossima. Secondo alcuni giornali britannici, la marina nazionale sarebbe pronta ad unire le forze con gli americani per un eventuale attacco missilistico. Notizia che è stata smentita poche ore dopo dalla Casa Bianca. La discussione tra le due potenze però continua: “Una risposta”, ha dichiarato alla Bbc il ministro degli Esteri britannico William Hague, “all’uso di armi chimiche da parte del regime siriano sarebbe possibile anche senza l’appoggio unanime del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite”. Determinata anche la cancelliera tedesca Angela Merkel : “La situazione della Siria deve essere indagata, non può essere lasciata senza conseguenze”. La Francia invece prende tempo: “Le potenze occidentali decideranno nei prossimi giorni”.

Si tratta di  in uno degli sviluppi possibili in risposta all’escalation dopo il presunto attacco a Damasco dello scorso 21 agosto, in seguito al quale, secondo le forze dell’opposizione, hanno perso la vita circa 1300 persone e molti bambini. Il Daily Telegraph online cita fonti governative britanniche secondo cui continueranno i contatti tra il premier David Cameron, che ha sospeso le vacanze e convocato il consiglio di sicurezza nazionale, e il presidente americano Barack Obama a riguardo, precisando tuttavia che nel caso in cui una decisione in questa direzione venga presa l’azione militare potrebbe partire entro la prossima settimana. Il Daily Mail online scrive che l’ipotesi è stata discussa durante una telefonata di 40 minuti tra Cameron e Obama e che una decisione verrà presa entro 48 ore. Anche la Germania, che proponeva nei giorni scorsi “una soluzione politica”, fa sapere tramite il ministro degli Esteri tedesco Guido Westerwelle, che “l’uso di armi chimiche di distruzione di massa sarebbe un crimine contro la civiltà”. Per il capo della diplomazia tedesca, “se l’uso venisse confermato, la comunità internazionale deve reagire e la Germania sarebbe tra coloro che considerano necessarie delle conseguenze”. Westerwelle ha anche affermato di ritenere che un “approccio politico” al conflitto siriano sia ancora possibile. La cancelliera tedesca Angela Merkel chiede una risposta internazionale “chiara e unitaria” e come riferisce il suo portavoce, Steffen Seibert, durate il weekend ha avuto colloqui telefonici con il presidente francese François Hollande e Cameron. Berlino, afferma Seibert, ritiene che vi sia una “alta probabilità” che le truppe di Bashar Al Assad abbiano usato armi chimiche. “L’attacco non deve rimanere senza conseguenze”, ha aggiunto.

La Russia fa sapere che in caso di intervento, non starebbe a guardare. In una telefonata di Sergej Lavroval suo omologo Usa John Kerry, il capo della diplomazia russa ha sottolineato che le “dichiarazioni ufficiali fatte negli ultimi giorni da Washington sul fatto che le truppe americane sono pronte ad intervenire nel conflitto siriano sono viste con profonda preoccupazione” da Mosca. “Si ha l’impressione che certi circoli, inclusi quelli sempre più attivi nei loro appelli per un intervento militare scavalcando l’Onu, stiano francamente tentando di spazzar via gli sforzi comuni russo-americani degli ultimi mesi per convocare una conferenza internazionale per una risoluzione pacifica della crisi”. Gli Stati Uniti aveva fatto sapere di ritenere che l’ispezione, interrotta dall’agguato, è arrivata troppo tardi perché possa portare ad accertamenti attendibili. 

Nel frattempo, la Turchia dice che parteciperà a qualsiasi coalizione internazionale che decida di intervenire in Siria anche se non sarà possibili raggiungere un più vasto consenso nel Consiglio di sicurezza dell’Onu. “La nostra priorità – ha detto il ministro degli esteri turco al quotidiano Milliyet – è sempre stata agire con la comunità internazionale, con le Nazioni Unite. Se tale decisione non emergerà dal consiglio di sicurezza, in agenda saranno messe delle alternative. Attualemente circa 36-37 paesi stanno discutendo delle alternative. Se si formerà una coalizione contro la Siria in questo processo, la Turchia prenderà il suo posto”.

Le accuse sull’uso di armi chimiche nei sobborghi a sud e a est di Damasco, mosse inizialmente dall’opposizione, hanno trovato una prima conferma da parte di Medici senza Frontiere, che ha parlato di almeno 355 persone morte per aver inalato sostanze “neurotossiche”. L’organizzazione, tuttavia, non si è pronunciata sulla responsabilità dell’attacco. Il regime di Bashar al-Assad ha respinto ogni accusa e ha annunciato il ritrovamento di sostanze chimiche in un tunnel dei ribelli situato nel sobborgo di Jobar, tra quelli colpiti dall’attacco. In un’intervista al quotidiano russo Izvestia pubblicata questa mattina, Assad ha affermato che le accuse rivoltegli dall’Occidente sono “un insulto al buonsenso” che “hanno motivazioni politiche e sono suscitate dalla serie di vittorie che le forze del governo stanno ottenendo contro i terroristi”.

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