È sempre un piacere quando gli editori italiani escono dal malsano provincialismo da cui sembrano endemicamente affetti. Mi è capitato ultimamente di leggere due testi, efficaci e ben scritti, usciti per Edizioni Spartaco (http://www.edizionispartaco.it), casa editrice nata nel 1995 a Santa Maria Capua Vetere, che nel 2003 ha solcato il mare della distribuzione nazionale, “un oceano irto di insidie, infestato dai mostri sacri dell’editoria, bastimenti più forti economicamente e più potenti per tradizione e autorevolezza presso i media, capaci di pubblicare opere immortali oppure di scivolare sull’acqua con leggeri bestseller dalla vita intensa ma breve”. Una piccola casa editrice del Sud, capace di gesti coraggiosi e di scelte ammirevoli. L’editore è un artigiano delle parole. A lui tocca scegliere la materia prima e trasformare una bozza in libro. Pubblicare libri impone delle responsabilità: verso l’autore, il quale dona la parte più intima di sé a chi lo legge ed è importante che siano in tanti a farlo; verso il lettore, che merita il cibo più nutriente per la sua mente e il suo spirito. Pubblicare libri risponde all’esigenza più profonda di condividere pensieri, sentimenti, soprattutto idee, ed è senza dubbio un bel mestiere perché frequentare scrittori del passato e del presente, frequentare la letteratura quotidianamente aiuta a capire come gira il mondo, molto più di quanto non faccia l’aggiornarsi sui fatti di cronaca”.

I due testi in questione sono “Fugaci incontri con Che Guevara”, di Ben Fountain (tradotto da Silvia Moschettoni) e “Ambizione nel deserto” di Albert Cossery (tradotto da Alessandro Bresolin). Il primo ( è una raccolta di racconti, otto brillanti, coinvolgenti e amari viaggi nella realtà di alcuni paesi del Terzo mondo e non solo, in cui i personaggi, come nuovi Che Guevara, vivono e sperimentano gli effetti negativi del capitalismo, cercando di porre un freno a sofferenza e ingiustizie. Storie di ribellione e rassegnazione che diventano anche un mezzo per rappresentare la complessità della natura umana e le sue sfumature e che, tuttavia, potranno concludersi soltanto con altre azioni moralmente discutibili. “Il Che era ormai un rottame – era affamato e sofferente, i piedi erano maledettamente deturpati e la sua asma era come un serpente che gli strisciava su e giù per la gola. Eppure stava ancora combattendo – quel figlio di puttana stava ancora combattendo la sua battaglia. Mi fissò per un breve istante e mi disse: “Guardati intorno, tenente. Guarda questo villaggio – cosa vedi? Non c’è un dottore, né acqua corrente, tantomeno elettricità o strade decenti… non hanno niente, la vita di queste persone è spazzatura. In tutto questo tempo in cui hai cercato di uccidermi, fratello, ti sei mai fermato a pensare che senso ha questa guerra?”.

Il lettore si ritroverà letteralmente catapultato in diverse realtà esotiche (Colombia, Haiti, Sierra Leone, Birmania) grazie alla sorprendente attenzione al dettaglio e allo stile preciso e accattivante di Ben Fountain, giovane talento del panorama editoriale statunitense, che vive a Dallas dove ha svolto la professione di avvocato prima di diventare scrittore a tempo pieno. Suoi brevi racconti sono apparsi in Harper’s, The Paris Review e Zoetrope, ricevendo prestigiosi riconoscimenti letterari, tra cui un O. Henry Prize e due Pushcart Prize. Per questa sua prima raccolta, definita dal New York Times “eccezionale” e “straziante”, ha ottenuto nel 2007 l’Hemingway Foundation/PEN Award e il prestigioso Whiting Writers’ Award per autori emergenti. Di lui il Boston Globe ha detto: “L’autore porta la brillantezza di Green e Le Carré nei racconti di avventure esotiche”.

Ambizione nel deserto” di Albert Cossery, invece, è ambientato a Dofa, piccolo e povero emirato della penisola arabica, dove la pace che regna sovrana grazie alla sua stessa miseria è in pericolo da quando è entrato in azione un fantomatico gruppo terrorista. In un luogo in cui tutti si conoscono, gli attentatori rimangono nell’ombra: non si capisce quali ricchezze vogliano spartirsi i rivoltosi; la potenza imperialista che controlla gli Stati vicini si disinteressa alla sorte dell’emirato, privo di petrolio. Chi manovra gli attentatori? Chi li protegge? Il protagonista decide di vederci chiaro, girando tra vicoli, bar e alcove per svelare il senso di quella misera cospirazione. “Shaat accettava sempre con la stessa passione ogni vicenda che il caso gli faceva trovare sul cammino. Per lui non c’erano situazioni buone o cattive: ognuna meritava di essere vissuta con gusto, perché in ognuna c’era quel briciolo di spirito che salvava l’uomo dalla degenerazione della morte. Il nuovo impiego non aveva in alcun modo cambiato il suo carattere eminentemente frivolo. Dirigere una rivoluzione non implicava affatto rinunciare alla lucidità. La sua analisi dei valori e dei principi che da millenni reggevano la terra e gli uomini non era per nulla cambiata con l’impegno politico. Rimaneva sempre convinto della fondamentale stupidità del mondo e non aveva alcuna voglia di riformarlo”. Albert Cossery, nato al Cairo nel 1913, da genitori egiziani, ha studiato nella scuola francese della città. Nel 1940 pubblica la raccolta di racconti “Les hommes oubliés de Dieu”, di cui Henry Miller curerà l’edizione americana. Nel 1945 si stabilisce definitivamente a Parigi, dove trova in Albert Camus un amico e sostenitore. Nel 1990 ottiene il Grand Prix de la Francophonie per l’insieme della sua opera, nel 1995 il Grand Prix Audiberti e nel 2000 il Prix Méditerranée. 

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