Rimini prova a dire basta con le fogne che, a quanto pare non solo quando piove, scaricano in mare anche in piena estate. Dopo mesi di pressing su Hera e Romagna Acque, il sindaco Andrea Gnassi (Pd) ha annunciato un nuovo maxi progetto per superare gli ormai celebri 11 sfioratori che sversano i liquami nell’Adriatico, retaggio di anni di scelte rinviate. Gli addetti ai lavori lo chiamano “il più grande intervento di risanamento fognario in Italia”.

Entro il 2020 verranno chiusi tutti e 11, non solo 8 entro il 2018 come previsto dal “Piano di salvaguardia della balneazione” (Psb) approvato nel dicembre del 2011. L’obiettivo, tramite raddoppio di depuratori e potenziamento delle vasche di laminazione, è la riduzione dell’88% dei carichi inquinanti in mare- al di là delle sue capacità di rigenerarsi. Quattro anni prima, entro il 2016, ne saranno chiusi già buona parte: stop al 50% delle aperture. Dai 133 milioni di euro del Psb del 2011, niente affatto risolutivo per tre scarichi di peso nell’area sud, si sale a 154 milioni solo per Rimini, che diventano 212 considerando tutti i lavori collegati negli altri Comuni del Riminese.

Chi paga? Scongiurata la tassa di scopo, quasi 37 milioni li mette sul piatto il Comune di Rimini, 80 e 95 milioni li anticipano rispettivamente Romagna Acque e Hera ma verranno rimborsati tramite un incremento delle tariffe dell’acqua, allineandole a quelle in vigore a Forlì-Cesena e Ravenna.

Il tema è sempre attuale nella capitale delle vacanze. L’inchiesta della Procura dopo gli esposti per i malori avvertiti da qualche bagnante (c’è un fascicolo per ora senza indagati aperto alla fine dell’estate 2011- poco dopo gli scarichi al centralissimo piazzale Kennedy- per lesioni personali colpose, getto di cose pericolose, epidemia colposa per diffusione di germi patogeni e delitti colposi contro la salute pubblica) è stata aggiornata pochi giorni fa: al di là degli annunci degli enti locali, i consulenti dei pm hanno scoperto che gli scarichi sono stati aperti (due volte nell’estate del 2010 e altre due in quella del 2011) anche senza che piovesse. Ci sono però altre anomalie e, ad esempio, i pm (al lavoro Davide Ercolani e Gemma Gualdi) hanno chiesto ai periti altre consulenze sull’allagamento delle fogne dopo il nubifragio del 24 giugno (su questo c’è un fascicolo per omicidio colposo e disastro).

Ebbene, la svolta decisiva- soprattutto in prospettiva- prova ad avviarla ora la politica. La copertura del maxi piano sarà garantita al 20-25% da finanziamenti pubblici e per il resto da fondi anticipati da Hera, Romagna Acque e dall’azienda locale Amir, che saranno poi recuperati attraverso le tariffe in circa 25 anni (come prevede fra l’altro la legge di settore). I rincari previsti? Poca roba e in linea con il resto della Romagna dove gli investimenti sul sistema fognario sono già stati fatti, assicurano Gnassi e compagnia. Gli aumenti in bolletta si attesteranno su una media annua del 4-5% a partire soltanto dal 2015 e si protrarranno per la sola durata dei lavori, vale a dire 7/8 anni. L’amministratore delegato di Hera, Maurizio Chiarini, calcola che da quota 1,9 euro a metro cubo, il valore attuale, si passerà a circa 2,5: numeri al di sotto della media europea, se è vero che a Parigi o Berlino se ne pagano 6 o 7. A conti fatti, l’esborso aggiuntivo sarà di 9 euro a famiglia all’anno, 70 centesimi al mese.

Nel merito degli interventi già in corso d’opera, 43 milioni (il 30% del Psb) coprono gli interventi “Rimini Isola”, dorsale nord e raddoppio del depuratore di Santa Giustina. Sono stati redatti i progetti definitivi per la riconversione del depuratore Marecchiese e la realizzazione della vasca di laminazione Ospedale. Rispetto al Psb originario, quello “ottimizzato” prevede 2 ulteriori volumi di accumulo nelle sezioni di chiusura dei bacini Rodella e Colonella, da collegare con l’accumulo previsto per il torrente Ausa. Il cui intervento (un volume di accumulo e di prima pioggia e di un impianto idrovoro di capacità adeguata) verrà a sua volta rivisto e potenziato.