Il caso è da manuale. Con un paio di firme si fa nascere una associazione-lista elettorale, che raccoglie meno di 1000 euro dal tesseramento. Si schiera questa lista alle elezioni regionali. Il contenitore appena creato viene riempito di finanziamenti pubblici per centinaia e centinaia di migliaia di euro. Et voilà, con un modesto investimento abbondantemente ripagato grazie ai generosi meccanismi della legge, e senza troppi doveri di trasparenza, tra bilanci semplificati e diritto a mantenere riservate le donazioni sotto i 50mila euro, ecco fatto un potente strumento per accrescere potere e consenso intorno al politico di riferimento. E’ la storia di Campania Libera, inventata nel 2010 per accompagnare la sfortunata candidatura del sindaco Pd di Salerno Vincenzo De Luca a presidente della Regione Campania, poi schierata di nuovo al fianco dell’attuale vice ministro alle Infrastrutture alle vincenti elezioni comunali dell’anno successivo.

Una storia finita sotto inchiesta: fascicolo 1375/2013, pm di Salerno Maurizio Cardea. La Digos, su delega del magistrato, ha sentito per due ore come persona informata dei fatti l’ex consigliere comunale di Salerno Fausto Morrone e ha acquisito gli estremi anagrafici di tutti i candidati di Campania Libera alle regionali. Perché secondo un paio di esposti di Morrone, rilanciati da una campagna stampa del quotidiano La Città, qualcosa non quadra. Forse non ci sono reati ma una cosa è certa: c’è un fiume di denaro che entra ed esce dai conti della lista mentre i suoi candidati affermano di non aver mai visto un euro e di essersi pagati la campagna elettorale da soli.

Stiamo parlando di cifre importanti. Campania Libera, grazie ai 69.589 voti ottenuti nel 2010 (pari al 2,5%), ha maturato rimborsi elettorali per circa 600mila euro. Somma alla quale si sono aggiunti 800mila euro pompati dal Pd in virtù di un accordo politico-economico, e divisi in 4 rate annuali. Più un ulteriore bonus di 75mila euro che i democratici hanno versato a Campania Libera per le elezioni salernitane del 2011. Per inciso: il Pd, su richiesta di De Luca, rinunciò a presentare una sua lista. Ha pagato per scomparire dalla scheda e dal parlamentino cittadino. Un suicidio assistito. E costoso.  I motivi per cui il Pd finanzia generosamente uno dei suoi più celebri politici e amministratori sono intuibili e anche comprensibili. Meno chiaro invece è il percorso di una parte di quei soldi.

Il board di comando di Campania Libera è composto esclusivamente da fedelissimi di De Luca. Persone che hanno o hanno avuto incarichi e ruoli nel Pd salernitano o nelle società municipalizzate nel campo dei trasporti, dei rifiuti, dell’igiene urbana, del latte. Coincide sostanzialmente con gli 11 nomi che hanno finanziato la candidatura di De Luca a governatore con contributi da 1000 a 2mila euro, per un totale di 19mila euro. Nomi che compaiono nella comunicazione che il candidato presidente è tenuto a rilasciare per legge alla Corte d’Appello di Napoli. Il mandatario di De Luca, Francesco D’Acunto, è anche presidente di Campania Libera. Il sindaco di Salerno ha dichiarato di aver speso per la sua campagna elettorale “personale” appena 18.512 euro, più 7.500 euro di “messaggi politici autogestiti” a tariffa ridotta a carico di Campania Libera. La campagna di un aspirante presidente di una regione tra le più grandi e problematiche del Paese costa molto di più. Ma le spese generali, ovviamente, sono spalmate tra i partiti e le liste che lo hanno appoggiato.

Ed allora diamo uno sguardo al bilancio di gestione di Campania Libera. Entrate, 1.378.784 euro così ripartiti: 900 euro di “quote associative” (pari al tesseramento di un club per pochi intimi), 604.283 euro di rimborsi elettorali, 194.261 euro di donazioni di privati, 308.800 euro di donazioni di enti privati, 270mila euro dal Pd. Uscite; 1.165.219 euro, di cui quasi 4mila per beni di cancelleria, 916.491 euro per spese di propaganda e comunicazione, 5.212 euro di telefono, 37.277 euro per viaggi, alberghi, rimborsi spese, 145.412 euro di spese postali e amministrative, 54.890 euro di affitti e noleggi. Dunque c’è un attivo di oltre 200mila euro.

Un bel risultato economico per una formazione politica che però, in consiglio regionale, non c’è. Non esiste. Non si è costituita. De Luca ha preferito dimettersi per continuare a fare il sindaco. L’unico consigliere eletto, Gianfranco Valiante, si è iscritto al gruppo Pd. Campania Libera invece figura tra i gruppi consiliari del Comune di Salerno, dove vanta 6 consiglieri.

Alla pubblicazione dei rendiconti economici è successo un mezzo pandemonio. I politici candidati in Campania Libera, a cominciare da Valiante, si sono affrettati a dichiarare di non aver mai ricevuto un euro. Pressato dal cronista de La Città Carlo Pecoraro, il presidente di Campania Libera D’Acunto ha detto: “Quei fondi? Si tratta di rimborsi per la candidatura di De Luca, non lo dico io, ma la legge. Quanto alla lista completa dei finanziatori privati, è stata presentata in Parlamento”. Peccato che non ce ne sia traccia. Quei benefattori restano ignoti. “Sarebbe istruttivo sapere chi siano – scrive Morrone nelle sue denunce – poiché se risultassero detentori di incarichi o appalti pubblici si rivelerebbe quanto meno una situazione di inopportunità”. Aggiungendo: “A sentire D’Acunto, De Luca sarebbe l’unico fruitore dei fondi di Campania Libera. Ma io chiedo: se i candidati affermano di non aver ricevuto risarcimenti, e i conti sono in attivo, in che modo sono stati utilizzati tutti questi soldi? Siamo sicuri che non siano serviti ad altro? Che so, a finanziare il tesseramento del Pd o le primarie di Bersani”? Intanto Campania Libera ha cambiato sede e si è trasferita ad Agropoli. Prima era ospitata nei locali dove una volta era insediata la Fondazione di Vincenzo De Luca.

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