Su un mutuo di 100mila euro, un italiano paga 23mila euro in più rispetto a un altro cittadino europeo. Responsabile la scarsa vigilanza di Bankitalia e l’inesistente concorrenza tra le banche: questa è l’accusa – arrivata oggi sul tavolo del commissario europeo dei Servizi finanziari, Michel Barnier – formulata dall’Adusbef. A lanciare l’allarme, infatti, è l’Associazione di utenti bancari assicurativi, finanziari e postali che ha elaborato un’analisi dei costi dei conti correnti, dei mutui e dei prestiti nella Penisola. Secondo l’associazione – che ha promosso un ricorso presso la Corte di giustizia europea nei confronti dello Stato italiano, della Banca d’Italia e del suo governatore pro-tempore, Ignazio Visco – siamo di fronte a “condotte lesive dei diritti e degli interessi dei consumatori italiani”.

In tre anni – denuncia l’Adusbef –  i tassi medi bancari sui mutui applicati in Italia, sono passati dal 4,92 per cento (gennaio 2010) al 4,46 per cento (aprile 2013) scendendo di 0,46 punti percentuali. Nello stesso periodo, i tassi applicati nell’area euro, invece, sono calati dello 0,92 per cento, passando dal 4,26 al 3,34 per cento. La differenza tra i tassi italiani e quelli di Eurolandia è quindi dell’1,12 per cento.

Fino a 23mila euro in più per un mutuo da 100mila
Ipotizzando mutui da 100mila euro a 30 anni e a 20 anni  – prosegue la denuncia – emerge che il tasso d’interesse applicato in Italia (dati aprile 2013) è il 4,46 per cento, equivalente a 504 euro mensili. Nell’Eurozona il tasso è del 3,34 per cento, con una rata mensile di 440 euro. Ogni mese un italiano paga 64 euro in più rispetto a un altro cittadino europeo (768 euro in più l’anno). Alla fine avrà pagato 23.040 in più di un cittadino dell’area euro. “Per lo stesso mutuo, ma a 20 anni – si legge nel ricorso – il mutuatario italiano avrà pagato 13.912 euro in più”. Per Elio Lannutti, presidente dell’Adusbef, tale disparità è da ricondursi “all’omessa concorrenza e alla mancata vigilanza di Bankitalia sulle banche, con le quali va a braccetto”.

L’associazione di Lannutti segnala che il salasso non riguarda solo i mutui ma anche i conti correnti che, agli italiani, costano “in media 180 euro in più rispetto a un cittadino europeo”. In passato Bankitalia ha già smentito, sostenendo che “i costi di gestione di un conto corrente si aggirano sui 100 euro e sarebbero in diminuzione”, ma Lannutti quantifica in 320 euro il costo medio di un conto corrente.

L’associazione, nell’annunciato ricorso alla Corte europea di Giustizia, raccoglie i dati delle dieci maggiori banche italiane che detengono l’85 per cento del mercato (Unicredit, Intesa San Paolo  Bnl,  Mps,  Banca Popolare, Carige, Popolare di Milano, Banca Sella, Popolare di Vicenza, Credem) esaminando con l’Isc (Indicatore sintetico di costo) tassi, costi spese e condizioni. E dopo un monitoraggio si “attesta che il costo medio di gestione di un conto corrente con profilo a bassa operatività varia dai 238,35 euro della Bnl ai 337,18 di Unicredit; dai 273,20 di Intesa San Paolo, ai 438,70 della Banca Popolare di Vicenza”.  Nel ricorso sono poi elencate alcune delle commissioni bancarie per servizi ai correntisti.

Commissioni alle stelle, dalle bollette ai bonifici
Pagare una bolletta, per esempio, costa fino a 4 euro (Bnl), fare un bonifico 5 euro (Popolare Vicenza), la rata Imu arriva a costare 10 euro (Mps), il canone di locazione 5 euro (Unicredit) e lo scoperto costa il 20 per cento al Banco Popolare. Invece gli interessi sulle somme depositate sono pari allo 0,010 per cento in Bnl, Unicredit, Intesa San Paolo, Popolare di Vicenza. Poi, per i prelievi bancomat da sportello di altra banca in media è applicato un costo di 2 euro. Il massimo è imposto da Banca Popolare di Vicenza con 2,20 euro, il minimo da Banca Sella con 1,81 euro.

Per quanto riguarda i bonifici, per quelli in Italia con addebito in conto, il costo medio effettuato da altra banca si aggira attorno ai 4,60 euro. La più costosa è Unicredit (5,25 euro) seguita dalla Banca Popolare di Milano e dalla Popolare di Vicenza (5 euro). La più economica è di nuovo Banca Sella (3,50 euro). Per i trasferimenti presso stessa banca, invece, la più economica è Credem (2,37 euro). L’Adusbef passa quindi a esaminare i tassi suoi depositi. “I tassi di remunerazione sono praticamente azzerati: 0,01 per cento per 9 banche, tranne Banca Sella, che offre lo 0,00 per cento”.

Quanto ci costa un fido e le spese sconfinate
L’esposto passa poi al setaccio i tassi sugli affidamenti. L’Associazione riporta: “Vanno da un minimo del 13,75 per cento di Banca Sella e Credem, fino al massimo di Unicredit che impone il 16,90 per fidi al di sotto dei 5mila euro e il 15,60 per cento oltre i 5mila euro”.

Mentre per gli sconfinamenti extra fido – segnala sempre l’Adusbef –  i tassi applicati restano praticamente gli stessi, ma l’operazione è gravata da “commissioni di istruttoria veloce” che raggiungono il massimo di 75 euro per ogni sconfinamento di Carige. Unicredit impone 50 euro per sconfinamento, ma limita a 500 euro l’importo massimo applicabile dalla banca. I tassi applicati agli sconfinamenti di conti non affidati raggiungono il massimo in Intesa Sanpaolo che applica il 21,85% per sconfinamenti inferiori ai 1.500 euro e il 21,06% per somme superiori. Mps si attesta al 19,80% per sconfinamenti superiori ai 5mila euro e al 18,5% se il rosso è compreso tra 1.500 e 5mila euro.

Costi in più per 7 miliardi di euro
“È stato calcolato – conclude Lannutti –  che tale presunta “stabilità” del sistema bancario italiano costa ogni anno ai correntisti e risparmiatori da 5 a 7 miliardi di euro di maggiori oneri, tra costi diretti e indiretti, come le spese di gestione  dei conti corrente pari a una media che si può pacificamente stimare tra i 295,66 euro (fonte commissario europeo Michel Barnier) e i 320,5 euro (ultima indagine condotta da Adusbef e Federconsumatori)”.

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