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Maturità 2013, aboliamo l’esame: è anacronistico!

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Non ricordo il mio esame di maturità. E non mi interessa ricordarlo. Anzi mi annoiano tutti questi intellettuali che fanno gara a fare memoria della notte prima degli esami. Il tema è un altro: serve l’esame alla fine del ciclo della scuola secondaria superiore? E a chi serve?

La maggior parte dei ragazzi vive con ansia e angoscia questa prova, dedicando giornate e nottate a studiare, in un periodo dell’anno che non è certo tra i più clementi per aprire il libro di latino, di storia o di matematica. Una sorta di rito che si celebra ogni anno con gran dispendio di energie e di finanziamenti per pagare i professori che fanno da esaminatori. Una verifica che non tiene in considerazione l’orientamento professionale futuro del giovane studente ma lo mette alla prova su diverse materie studiate lungo il ciclo scolastico. Un esame per avere una votazione da presentare all’Università o ad un datore di lavoro: ma siamo proprio sicuri che oggi il dirigente dell’azienda guardi a quel voto dato al ragazzo? La nostra scuola superiore è veramente propedeutica all’ università? E all’università tengono realmente in considerazione la votazione dell’esame di maturità?

Lo dico senza giri di parole: l’esame di stato della scuola secondaria superiore andrebbe abolito. E’ un esame che non rappresenta più come in passato un momento di passaggio tra uno stadio evolutivo e un altro; non ha più alcuna rappresentazione simbolica; non è nemmeno utile all’orientamento professionale. La valutazione del percorso scolastico di un ragazzo può essere fatta dai propri docenti che conoscono più di altri la situazione scolastica ma anche la storia personale, famigliare di un giovane. Il tutto con tanto di risparmio delle casse dello Stato.

Ma se proprio dev’essere fatto si guardi almeno all’Inghilterra dove a differenza del continente, non esiste un titolo complessivo. Il corrispettivo del nostro esame di stato, in Inghilterra è  costituito dall’Advanced Level (meglio noto come A Level) che serve per l’accesso all’università. Esso consiste nella valutazione di tre discipline che variano a seconda dell’orientamento universitario che lo studente intende assumere. Gli esami sono esterni e vengono elaborati da specifici enti di valutazione e certificazione. I crediti relativi agli ultimi due anni (il troncone posteriore all’obbligo, il quale termina a 16 anni) incidono per il 20-30%. Al di là della questione della valutazione esterna che non mi convince è chiaro che in Inghilterra lo scopo dell’esame è dettato dall’orientamento universitario evitando che sia generico.

Sembra che l’abbia capito anche il ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza che in questi giorni intervistata a Radio Capital ha detto: “Occorre ripensare all’esame di maturità. Si deve studiare per l’esame ma anche pensare a cosa si studierà e dove si lavorerà dopo”.

P.s: e nessuno mi venga a dire che serve a diventare maturi, grandi oppure la solita litania del “serve per imparare ad affrontare le prove della vita”.

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