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Scuola pubblica: abbiamo già vinto, ora vinciamo il referendum

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Votiamo scuolA pubblicA

E’ impossibile predire il risultato della consultazione, se vincerà la scelta “A” e l’esclusività dei finanziamenti pubblici alle scuole statali e comunali o se l’onore e l’onere della vittoria cadrà sull’opzione “B”, che rappresenta la continuità col sistema integrato pubblico/privato, laico/confessionale. Qualche riflessione, ancor prima che le urne siano aperte, è però possibile e urgente svolgerle.

Nell’ordine, la sola presenza del referendum ha già prodotto i seguenti risultati: incalzata sull’inaccettabile presenza di 423 bambini esclusi dalle materne comunali, l’Amministrazione ha inaugurato nuove sezioni di scuola (a tempo parziale, dunque non pienamente in grado di soddisfare le necessità delle famiglie né di azzerare le liste d’attesa); programmata l’inaugurazione di nuove scuole comunali; investito nella digitalizzazione delle aule.

Azioni, occorre specificarlo immediatamente, niente affatto sufficienti, perché questi “aggiustamenti” paiono strumentali a contenere il disagio piuttosto che a risolverlo. Ma soprattutto perché l’Amministrazione propone un cambio di contesto che spinge nella direzione opposta alla salvaguardia della scuola di tutti. Il progetto di creazione di un’Azienda di Servizi alla Persona e il trasferimento delle scuole dell’infanzia e del personale comunale in questo nuovo contenitore è un’imboscata burocratica piena di pericolose incognite. Non intendo riassumerle tutte – c’è chi l’ha già fatto con grande acume. Mi limito ad elencare i due principali aspetti deteriori del progetto del Partito Democratico e della giunta di Virginio Merola: sebbene ente pubblico, la Asp è un’azienda che ha come fine l’ottimizzazione dei costi e il contenimento della spesa, ovvero il contrario della nuova stagione di investimenti necessaria alla scuola pubblica; la scuola viene ridotta a servizio e non sarebbe più, di fatto, un diritto costituzionalmente protetto.

Date queste premesse non particolarmente incoraggianti, perché affermo serenamente che “abbiamo già vinto e che ora dobbiamo vincere il referendum”?

La vittoria è squisitamente politica e sta tutta nell’aver svelato l‘ipocrisia dell’ampio fronte – composto da Pd, Pdl, Lega Nord, Scelta Civica, Udc, Curia, Cei, Vaticano, cooperative di ogni colore, svariati quotidiani dimentichi della deontologia professionale, Comunione e Liberazione – che difende con toni e comportamenti da “guerra di religione” i finanziamenti pubblici alle scuole di tendenza, di parte. L’argomento che coi sussidi si difende “la libertà di scelta delle famiglie” svanisce come neve al sole, diventa un boomerang di fronte a centinaia di genitori che si vedono rifiutare l’iscrizione alle scuole comunali.

Comunque andrà la consultazione, a Bologna e in Italia le cose non torneranno come prima. Molte altre città sono pronte a presentare simili quesiti referendari. La contingenza della crisi economica unita al taglio dei diritti e dei servizi, non lascerà scampo a chi progetta di trasformare l’indispensabile intervento delle Istituzioni nei campi critici dell’istruzione e della sanità in una nuova fase di privatizzazione – o “governance” pubblica del privato, come la chiamano i neoliberisti fuori tempo massimo, per renderla più “trendy” e “cool”. Ma, come cantava Battiato, “il giorno del giudizio non ti servirà l’inglese”.

 

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