Mentre continua la mobilitazione sul filo del rasoio per cercare di fermare i 611 licenziamenti avviati dalla ThyssenKrupp negli stabilimenti Berco, la politica cerca nuove formule per salvare il salvabile. E lo fa con due proposte quasi gemelle ma provenienti da schieramenti politici opposti.

Da una parte il Pdl di Ferrara estrae dal cilindro una soluzione salva-Berco da 50 milioni di euro proponendo ai comuni ferraresi di vendere le quote pubbliche delle società di servizi. Dall’altra il Pd, o meglio due sindaci del Pd, mettono sul piatto quote di partecipate e altri investimenti per raccogliere 22 milioni e creare le infrastrutture necessarie a invogliare Thyssen et similia a rimanere o investire nel territorio. Intanto nella fabbrica di Copparo (la più colpita degli stabilimenti italiani con il sacrificio di 430 lavoratori) ci si prepara allo sciopero di lunedì 20. Otto ore davanti ai cancelli di Via 1° Maggio (nomen omen) e presidio a Roma presso il ministero dello sviluppo economico, dove sono attesi i vertici aziendali.

Parallelamente, si diceva, la politica si muove per strade alternative. E lo fa con soluzioni che attendono la conferma della fattibilità. Anche se “già vagliate da docenti di economia delle università di Ferrara e di Bologna”, assicura il coordinatore provinciale Pdl Luca Cimarelli. La proposta choc dei berlusconiani si articola in due fasi: la prima mirata a capitalizzare il più possibile gli assets pubblici , la seconda a costruire un business plan per portare nuovi investimenti nell’area di Copparo e favorirne lo sviluppo. La formula magica è illustrata passo dopo passo all’interno di un misterioso documento “che abbiamo ricevuto da altre mani – fa sapere il coordinatore di Copparo Cristiano Di Martino – e, dopo averlo discusso all’interno del partito e verificato nella sua realizzabilità, lo abbiamo voluto rendere pubblico”.

Entrando nel merito del piano, i sei comuni dell’Unione Terre e Fiumi del Copparese sono chiamati a mettere sul mercato entro il 1° giugno il 49% delle azioni detenute in Cadf, Delta Reti e Area (le ‘piccole Hera’ del basso ferrarese). Il resto delle partecipazioni verrà trasferito in una holding con una “rimodulazione degli assetti societari e un nuovo patto di sindacato”. A questi passaggi seguirebbe un piano di investimenti triennale per la costituzione di due aree industriali a Copparo e di un porto d’attracco commerciale sul Po. “La previsione degli economisti – ipotizza il Pdl – è che da queste operazioni si possano ricavare circa 50 milioni di euro”. Entrerebbero in gioco a questo punto gli investitori privati, che affiancherebbero le istituzioni con ipotetici 35 milioni di euro. L’operazione è legata a doppio filo al ruolo della Cassa Depositi e Prestiti, che a seconda della propria disponibilità nell’operazione potrebbe far variare – in un senso o nell’altro – l’ammontare dell’investimento fino a una ventina di milioni di euro.

Nemmeno il tempo di chiedere il parere al sindaco di Copparo Nicola Rossi e si scopre che questa proposta venne già discussa all’interno del circolo copparese del Pd e subito bocciata: “contiene inesattezze e cose difficilmente verificabili”.

Intanto altri due sindaci Pd Filippo Parisini ed Eric Zaghini, di Ro e di Berra (sempre comuni del Copparese) rilanciano l’idea: “smobilizzare il patrimonio dei comuni, collocare sul mercato Area (12,5 milioni, corrispondenti alla metà del profitto della discarica Crispa) e Delta Web (1,5), convogliare il ribasso degli appalti per l’idrovia sul Volano (8 milioni) e il gioco è fatto: ecco pronti 22 milioni di euro per realizzare infrastrutture che rendano attrattivo il territorio, non solo per Berco. Un porto commerciale sul Po, una metropolitana di superficie da Copparo a Cona e da qui a Ferrara, Interporto Bologna e Bologna. “Il tutto – insistono Zaghini e Parisini – nell’ottica di un abbattimento dei costi di trasporto per le aziende che potrebbero insediarsi nel territorio”.

Bastano 22 milioni? “Probabilmente no – ammettono i due sindaci -, ma se non se ne comincia a parlarne con maggior determinazione queste opere non vedranno mai la luce. Pensiamo che i comuni siano pronti fin d’ora a fare le scelte che la drammaticità del momento impone”.

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