La Cina alla scoperta del vino italiano. Il grande dragone non si accontenta più di sporadici assaggi e degustazioni delle primizie enologiche del Belpaese. Ora vuole di più. Dal 20 al 26 maggio, nove tra i principali importatori cinesi di vino visiteranno cantine e luoghi di produzione, toccando alcune terre dell’eccellenza nella Penisola: Sicilia, Puglia e Piemonte. Lo scopo è fare una panoramica precisa sulle produzioni locali e diffondere poi il “verbo” enologico tricolore nel grande paese asiatico.

L’evento “Vini italiani in Cina”, promosso dal ministero dello Sviluppo economico in convezione con Federvini e Unione italiana vini, arriva così alla terza fase, dopo il successo della seconda, che ha portato nel mese di aprile i giornalisti enologici cinesi in tour per l’Italia tra cantine e aree di produzione. Importatori come la compagnia Museo Trading, Cofco, Shilin Trading e Vinotache oltre al sito e-commerce la Womai.com parteciperanno a questo Grand tour del vino. Lo scopo è ovviamente agganciare la crescita dei consumi nel paese: “Per entrare nel mercato cinese e mantenere le posizioni nel tempo – sottolinea Pietro Celi, direttore generale per le Politiche di internazionalizzazione del ministero dello Sviluppo Economico – è essenziale scegliere con cura il canale distributivo e curare attentamente le relazioni personali con gli operatori. In Cina questa è la strada giusta per stabilire un rapporto di fiducia con partner commerciali e cogliere le opportunità di business, senza rinunciare a controllare promozione e prezzi di vendita del proprio prodotto”.

Il mercato cinese è in continua espansione, grazie alla crescita costante dei consumi, favorita dal governo centrale, e questa tendenza si riflette anche sugli acquisti di vino il cui consumo aumenta a ritmi del 20% annuo, con gli attuali 14 milioni di ettolitri. Nonostante le incertezze del contesto internazionale, le imprese italiane accrescono le esportazioni dei prodotti tipici del Made in Italy verso i nuovi mercati, soprattutto verso il paese del Dragone, che offre un nuovo potenziale bacino di consumo grazie alla crescita ed all’affermarsi di una classe benestante. Qui bere buon vino d’importazione rappresenta ormai uno status symbol. E il Belpaese sembra approfittarne, anche se sembra possibile fare di più. Con 4,5 miliardi di euro esportati in tutto il mondo, pari al 20% del totale del nostro export agroalimentare, l’Italia è infatti il secondo esportatore di vino, dopo la Francia, ma in Cina la sua quota è ancora modesta e suscettibile di grande sviluppo. Anche se nel 2011 ha visto crescere le sua presenza del 68% in volume e del 99% in valore, insomma, la strada del vino italiano verso l’Oriente è ancora lunga.

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