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Il governo Letta e “il ritorno alla realtà”

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“Ritorno alla realtà” è il titolo dell’editoriale di Massimo Franco sul Corriere della Sera di domenica 28 aprile, per commentare la nascita del governo Letta.

L’argomentazione è la seguente: il governo Letta “segna il primo esplicito tentativo di pacificazione dell’Italia” come se uscissimo da una guerra civile e non dalla consueta dialettica parlamentare tra una maggioranza e un’opposizione. I risultati delle elezioni sono inoppugnabili, senza alcun dubbio non vi è stato alcun vincitore, ma è altrettanto evidente che il maggior successo politico è stato conseguito dal Movimento Cinque Stelle, come è altrettanto evidente che il risultato più negativo è stato quello di Scelta Civica.

Il governo Letta sancisce esattamente l’equilibrio rovesciato rispetto al risultato elettorale: il trionfo di “Scelta civica” e la ghettizzazione del movimento di Grillo. La conversione del Pdl e del suo leader a una collaborazione con il Pd viene considerata una scelta politica lungimirante dallo stesso Mario Monti; una scelta che specularmente presume la subalternità culturale e politica del Pd e, come effetto perverso, la sua prossima dissoluzione o scissione, ossia la sua sostanziale irrilevanza politica. A meno che i due Peter Pan del centro sinistra, come qualcuno li definisce, Matteo Renzi e Fabrizio Barca non riescano nell’impresa di ricompattarlo e di farne di nuovo un protagonista dello scenario politico.

Per chi considera la democrazia non semplicemente una condizione emergenziale, uno stato di necessità, ma il sistema di governo migliore, la situazione attuale pone più di un problema. Si sottovalutano segnali sempre più inquietanti: già ieri un cittadino, anche se in condizioni psichiche particolari, ha tentato in maniera del tutto solitaria un attentato contro “i politici”, in maniera così generica si è espresso; un significativo esempio del disagio sociale che si avverte e delle profonde lacerazioni del tessuto democratico che questo può comportare.

Anche un conservatore illuminato come Hegel, pur non amando la rivoluzione, sosteneva che quando le classi dirigenti non riescono a interpretare lo scarto che le separa in maniera irreparabile dalle persone comuni, la rivoluzione, volenti o nolenti, finisce con l’esplodere lo stesso.

Sono il primo ad auspicare che la situazione economica migliori e che il disagio individuale diminuisca, ma sicuramente non sarà sufficiente la sola opera di lifting del governo appena varato, come suggerisce lo stesso titolo di apertura dello stesso quotidiano “Più donne e giovani, la squadra di Letta”, per risolvere la drammaticità della situazione.

Quando in alcuni filmati vedo gli esponenti di Alba Dorata, il Movimento neonazista greco, distribuire il pane e i viveri ai cittadini comuni, vestiti di nero e con il manganello in mano, nel rabbrividire non mi sento di equipararlo al M5s, l’unica opposizione nel nostro contesto nazionale ormai credibile, perché senza opposizione prima o poi ogni democrazia finisce per morire.  

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