Tagli sì, ma non per tutti alla Italcementi che a marzo ha alzato l’obiettivo delle cosiddette efficienze per il 2013, portando l’obiettivo del programma di riduzione dei costi da 60 milioni di euro a 110 milioni, il 50% dei quali è legato ai costi fissi e il 50% ai costi variabili. L’annuncio era arrivato insieme ai conti del 2012 che avevano evidenziato un rosso di 362,4 milioni di euro e un debito di 1,998 miliardi. Soltanto tre mesi prima, a fine 2012, la società dei Pesenti aveva svelato il Progetto 2015 con un taglio dei costi di circa 40 milioni di euro all’anno e alla cassa integrazione per 665 dipendenti su 2.500, che potrà poi trasformarsi in mobilità per circa 330 persone. In Italia, in particolare, è previsto un “ridimensionamento definitivo” del personale per almeno la metà di quel terzo di dipendenti attualmente in cassa integrazione straordinaria. Obiettivo, ritornare all’utile. Costi quel che costi. Per gli altri.

Del resto che l’aria che soffia in quel di Bergamo non fosse buona, era già chiaro dalle mosse dei signori del cemento per quanto riguarda le posizioni strategiche nella finanza che conta conquistate a fatica dal patriarca Carlo che negli anni caldi si era fatto largo tra Calvi, Marcinkus e Sindona. Oggi, infatti, non è ancora dato di sapere quale sarà il peso della famiglia nel nuovo assetto che si sta disegnando in testa all’azionariato del Corriere della Sera. Molte le esitazioni, tanto da rinviare fino all’ultimo la decisione della holding Italmobiliare sulla partecipazione o meno alla ricapitalizzazione dell’editrice Rcs. E questo nonostante l’editoria sia da sempre una grande passione per la famiglia che oggi oltre al Corriere, dove Giampiero Pesenti (82 anni) riveste il delicato ruolo di presidente del patto di sindacato che controlla il 58% della società, ha in mano più del 30% della Gazzetta del Sud, testata che presidia territori chiave per gli affari di famiglia qui attiva con sei impianti. 

Insomma, la situazione è grave. Ma non abbastanza da riflettersi sui ricchi stipendi che Pesenti senior si è appena portato a casa dalla Italcementi che presiede: 4,479 milioni di euro, 3,449 milioni dei quali a titolo di “bonus e altri incentivi” (di cui 471mila euro riferiti al 2012, mentre il resto maturato negli anni precedenti). Somma che non ha uguali all’interno del cda del gruppo, dove l’unico altro stipendio a sette cifre è quello del figlio Carlo, che riveste il ruolo di consigliere delegato e ha incassato 1,958 milioni di euro, 587mila dei quali come bonus. E che si confronta con un incasso dell’anno prima pari a 2,022 milioni di euro comprensivo di 690mila euro di bonus, che significa un incremento di ben il 121,51 per cento. A Carlo, invece erano andati 2,237 milioni (875mila euro il premio) che a conti fatti significa un decremento del 12,5 per cento. 

Ma non finisce qui. Nella relazione sulla remunerazione di Italcementi si legge infatti che “a favore del Presidente è riconosciuto il diritto ad un “Trattamento di fine mandato”, che maturerà alla conclusione di ogni singolo mandato. L’indennità è stata determinata in modo tale da non superare n. 3 anni di remunerazione e non verrà corrisposta qualora la cessazione del rapporto sia dovuta al raggiungimento di risultati obiettivamente inadeguati”. E con l’approvazione del bilancio 2012 in calendario per il 17 aprile verrà a decadere il mandato di Pesenti, che verrà rinnovato nella stessa sede come da liste presentate dal socio di maggioranza, cioè Pesenti stesso che sulla base della stessa logica, già nel 2010, alla scadenza del precedente incarico aveva incassato un’indennità di 2,069 milioni, oltre allo stipendio di 1,7 milioni. E siccome non c’è dubbio, nonostante i conti, sul fatto che i risultati non vengano ritenuti adeguati, visto che al presidente è stato assegnato il bonus, per Pesenti è in arrivo un altro assegno a sette cifre, per portare il totale di quest’anno a superare abbondantemente quota 7 milioni.  Anche se per avere la cifra esatta bisognerà aspettare un altro anno.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

Confindustria, appello ai sindacati: “patto di fabbrica” per ricostruire il Paese

next
Articolo Successivo

Perché la sanità costa così cara

next